Ancora terrorizzata, negli occhi e nelle parole dell'ex compagna del giornalista televisivo Enrico Varriale c'è tutta la sofferenza per i mesi trascorsi dall'aggressione del 6 agosto fino a quando ha ottenuto il divieto di avvicinamento da parte del suo stalker.
"Il suo pollice sulla mia gola..."
In un'intervista a Repubblica, la donna racconta l'iter che ha dovuto affrontare per ricominciare a vivere dopo mesi di ansie e paure. "Solo adesso ho ricominciato a dormire. Tra la denuncia e il divieto di avvicinamento sono trascorsi due mesi. Intanto io avevo paura anche quando ero chiusa dentro casa, ho capito cosa significa avere attacchi di panico, sono dimagrita cinque chili", afferma al quotidiano. Una delle immagini ricorrenti di Giulia, nome di fantasia, va a quando lui provava a contattarla per parlare, chiarire. "Mi tornava in mente la sua mano sul mio collo, il suo pollice sul lato della mia gola, la sensazione di essere strozzata".
"Ogni giorno era una tortura..."
Come ci siamo occupati sul Giornale.it, la procura di Roma ha chiesto e ottenuto dal gip il processo con rito immediato per Enrico Varriale che apparirà di fronte al giudice il prossimo 18 gennaio con l'accusa di stalking. Tutto ebbe inizio il 6 agosto scorso, quando secondo l'accusa della donna il giornalista la sbattè al muro durante una lite prendendola per il collo ed impedendo alla compagna di tornare in possesso del suo telefonino oltre a provocarle delle lesioni riscontrate dai medici del pronto soccorso dove la donna si recò per farsi medicare. La violenza sarebbe avvenuta sia dentro casa che sul pianerottolo e, da quel momento, Giulia decise di troncare ogni tipo di rapporto con l'uomo. "Si, ma sono trascorsi due mesi tra la denuncia e il divieto di avvicinamento. Lui continuava a cercarmi, ricevevo messaggi, mi citofonava, ha affittato un film con la mia carta di credito. Ogni giorno era una tortura", sottolinea a Repubblica.
L'ansia di ritrovarselo sotto casa ad ogni ora del giorno e della notte non le ha fatto chiudere occhio per mesi, ha perso 5 chili e sbirciava dalle tende "come fanno gli anziani, mi sentivo spiata". In quei mesi la donna avrebbe ricevuto centinaia di chiamate e messaggi da parte di Varriale senza sentirsi mai protetta. "Mi era stata assicurata protezione, ma ero sola, con il rischio di cedere alle richieste di incontro. Ho ricominciato a dormire solo due giorni dopo il provvedimento".
Violenze psicologiche e fisiche
Tre giorni per la querela, avvenuta il 9 agosto dopo l'attacco di panico a seguito del citofono che suonava, ma era soltanto l'ispettore con cui aveva parlato pochi minuti prima. Al centro antiviolenze il "film" di quanto avesse vissuto fino a quel momento che l'ha fatta ragionare ed essere lucida. "Ho iniziato a rileggere gli eventi, a metterli in fila. Tutti gli scatti di ira, le pretese che aveva nei miei confronti. Erano solo l'inizio della spirale di violenza. La violenza fisica è l'ultimo atto, prima ci sono i soprusi psicologici". Mentre aspettava che la giustizia facesse il suo corso, si è chiusa negli affetti familiari e degli amici più cari per evitare di commettere passi falsi. "Se non sei emotivamente strutturata puoi anche cedere alle richieste di incontri, puoi ricascarci. Lui veniva sotto casa, chiedeva di vederci", sottolinea.
Dopo la violenza, la donna è andata in giro in piena estate con le maniche lunghe per non mostrare i segni che Varriale le avrebbe lasciato sulle braccia. "Il 6 agosto, quando mi ha aggredita, urlavo ma Roma era deserta, c'era solo il portiere che è arrivato incontrando Enrico mentre scendeva le scale", ricorda commossa. Da quel momento, secondo quanto previsto dal codice rosso, la polizia l'ha ascoltata nel giro di tre giorni. Come detto all'inizio, non è stato facile riprendersi, soltanto adesso la donna sta tornando ad una parvenza di normalità. "È una situazione difficile da affrontare. La notizia è apparsa sui giornali, poi le indagini, la testimonianza in procura. La ferita si riapre ogni volta, sono ancora fragile, tremo ogni volta che suona il citofono".
Il consiglio alle donne vittime di violenza
La sua storia può essere d'esempio da chi ha paura e non vuole denunciare continuando a subire violenze non solo fisiche, ma anche psicologiche. "Tutte le donne vittime di violenza subiscono conflitti interiori, ma occorre denunciare, la querela aiuta tutti e interrompe la spirale di violenza. Poi occorre costruirsi una rete di affetti che sostenga in quei momenti in cui si è vulnerabili" afferma la donna.
"Capite, informatevi, non si deve dimenticare, non si può andare avanti nella speranza che la situazione migliori, le cose vanno affrontate, non si deve tornare indietro, non si può scendere a compromessi, ho rifiutato un'offerta di denaro per ritirare la querela", conclude.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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