Sono una cicatrice sulla ‘pelle’ della Campania, quelle ecoballe. O, forse, una ferita ancora aperta. Sicuramente, il segno evidente di una crisi dei rifiuti che negli anni passati ha messo in ginocchio l’intera regione. Dovrebbero contenere la frazione ‘secca’ prodotta nei periodi in cui si è registrato lo stato di emergenza: immondizia tritovagliata, pressata, imballata e depositata nei siti di stoccaggio, in attesa di finire in discarica o di essere bruciata in un inceneritore. Ma avrebbero rappresentato soltanto l’ennesimo veicolo per truffare lo Stato e smaltire illecitamente i rifiuti.
Diverse sono state le inchieste giudiziarie a cui si è lavorato negli anni per appurarlo. Con ‘Rompiballe’ i magistrati hanno fatto emergere l’esistenza di "un sistema imperniato su una attività di lavorazione dei rifiuti assolutamente fittizia", in cui le ecoballe sarebbero diventate un ricettacolo di scarti non conformi. “Un sistema di imbroglio”, così lo definisce uno spettatore diretto di quegli illeciti. Un uomo che ci ha raccontato quanto ha visto da vicino. Non ha mai denunciato: “Anche altri sanno di queste cose, però si sono fatti sempre i fatti loro”, è la risposta che dà, quando gli si chiede il perché. Continuando a discorrere viene fuori che, in realtà, teme per la sua famiglia, per il suo futuro, perché quello che svela è un sistema fatto di intrecci, corruzione, connivenze, in cui non viene risparmiato nessuno. Dall’imprenditore, al politico, al semplice lavoratore. Un sistema ‘sporco’, che fa paura: “Difficile da raccontare - dice - e facile a fare. Sembra che non fai niente di male, ma alla fine hai truffato tu per l’azienda e l’azienda ha truffato lo Stato”.
Trovato il coraggio di parlare, diventa un fiume in piena (guarda il video). Ma a una condizione: l’anonimato. Snocciola i trucchetti che sarebbero stati utilizzati per truffare lo Stato da una società che opera del settore dei rifiuti, una realtà che si occupava di creare le ecoballe con la frazione solida urbana tritovagliata che arrivava dagli impianti Cdr, oggi Stir (Stabilimenti di tritovagliatura ed imballaggio rifiuti).
“Il gioco della pesa”, “Il gioco delle quattro balle”: stratagemmi adottati per frodare. Sconosciuti ai più, ma non a chi in Campania con la ‘monnezza’ ci ha lavorato.
“Il gioco della pesa” sarebbe stato messo in pratica al momento dell’ingresso nel sito aziendale degli automezzi pieni di rifiuti, quando i compattatori dovevano passare sulla pesa. “Mettono la ruota della pala meccanica sulla pesa, più il camion, e fanno risultare un peso maggiore di quello reale”, rivela il nostro testimone. Lo fanno ancora? “Quando non ci sono persone scomode”, riferisce. Un metodo, questo, con cui l’azienda sarebbe riuscita ad assicurarsi introiti superiori a quelli effettivamente spettanti. Anche dai Comuni, che figurano tra i suoi clienti.
Molto spesso, però, stando al racconto che ci è stato fornito, i rifiuti tritovagliati non arrivavano proprio nel deposito, diversamente da quanto riportavano i documenti. In gergo, lo chiamano il “gioco delle quattro balle”. I camion che dovevano andare a raccogliere la spazzatura triturata negli impianti Cdr, uscivano e rientravano dall’azienda solo con quattro o tre balle, che servivano per fare massa. Per le carte, invece, all’andata erano vuoti, al ritorno c’erano i rifiuti frammentati. “Facevano tutta la procedura, ma alla fine la tritovagliatura non veniva caricata. Camminavano solo formulari. Se li fermavano all’andata (per i controlli, ndr), il compattatore risultava vuoto. Se li fermavano al ritorno, risultava pieno. Questo giochetto veniva fatto una ventina di volte al giorno, per tutto il periodo dell’emergenza dei rifiuti in Campania”. In questo modo, quindi, l’azienda avrebbe incassato soldi pubblici per attività mai svolte.
Quando il ‘secco’ tritovagliato arrivava a destinazione, bisognava formare le ecoballe. Veniva prima pressato, poi imballato. Step che sarebbero stati preceduti da una fase di lavorazione ‘fantasma’, in cui si provvedeva a mischiare “rifiuti speciali” a quelli solidi urbani sminuzzati. “La balla veniva cellophanata e non si vedeva quello che c’era dentro. Mettevano carcasse di animali: per la maggior parte, mucche. I frigoriferi, togliendo la parte pesante, perché le balle non dovevano uscire pesanti. Rifiuti industriali”, elenca la nostra fonte, raccontando inoltre che nell’impianto entravano “buste industriali” che venivano “mescolate con le buste della raccolta differenziata”. Oltre a rifiuti speciali e pericolosi nei ‘cubi’ filmati sarebbe stata inserita anche una parte della 'differenziata' che veniva raccolta nei comuni. Perché? “Per smaltirla velocemente”, spiega il nostro testimone: il rischio era che il deposito si intassasse, e questo non avrebbe garantito un buon servizio agli enti locali. Per non perdere clienti, quindi, le ecoballe sarebbero diventate anche contenitori dei rifiuti ‘puliti’.
In molti sono in grado di illustrare questi illeciti. Ammettono anche di aver ricevuto un aiuto da alcuni politici, senza distinzione di ‘colore’. Ma a microfono spento. Diversamente, le bocche restano cucite. E mentre il silenzio continua a imperversare, va avanti lentamente lo sgombero delle ecoballe dalle aree dove per anni sono rimaste ferme.
La rimozione è cominciata a maggio dello scorso anno, quando il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, a Villa Literno, nel corso di un evento pubblico, diede ufficialmente il via all’operazione di svuotamento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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