C’è Codogno, il primo focolaio. Poi Nembro, Piacenza, Bergamo, Cremona. La paura che Milano possa divampare. Ormai abbiamo fatto l'abitudine a termini che fino a ieri non attiravano la nostra attenzione: epidemia, trend, quarantena. Tra questi c’è, appunto, anche "focolaio di infezione". È una sorta di spauracchio: ogni giorno osserviamo i dati relazionati dalle istituzioni nella speranza di capire se la nostra città, il nostro paese o la nostra provincia sono diventate la fonte di una nuova catena di contagi. Fino ad oggi in realtà non c’era modo di capirlo, non statisticamente almeno. Lo dimostra il fatto che ci siamo concentrati solo sulla Val Seriana, senza guardare anche ad altre province ugualmente colpite come Cremona o Piacenza. Ora però la società abruzzese Perfexia di Carsoli in partnership con la Fondazione Ebris ha provato a sviluppare un "nuovo indicatore" che potrebbe fornirci qualche informazione in più sull’attività dei focolai italiani superando anche la mancanza di uno studio approfondito sui casi asintomatici.
In assenza di numeri affidabili sulla percentuale reale di positivi nel territorio, spiega Danilo Lucangeli, Ceo di Perfexia, "abbiamo tentato di stimare quanto attivi siano i focolai nelle regioni italiane mettendo in relazione il numero dei casi positivi in un dato momento con il totale dei guariti o deceduti". Per realizzarlo gli analisti si sono basati sui bollettini riportati dalle autorità. "In assenza di chiarimenti in merito al significato esatto del valore dei guariti comunicato dalla Protezione Civile, e con la premessa che alcune Regioni possono aver riportato i casi guariti in maniera leggermente difforme, abbiamo calcolato un indicatore basato sull'assunto che la normale evoluzione del virus sia o la guarigione o il decesso", spiega Antonio Giorgi, direttore tecnico di Perfexia. "Nel caso di un focolaio molto attivo del virus, come nelle fasi iniziali del contagio, il continuo aumentare del numero dei positivi mantiene il numeratore in un ordine di grandezza di molto superiore al denominatore. Quando questi valori si avvicinano, il raporto tenderà ad 1, per poi assumere valori minori di 1 e tendenti a 0 quando la somma dei guariti e dei deceduti sarà di molto superiore al numero dei positivi. L’indicatore raggiungerà lo 0 soltanto quando non ci saranno più positivi su un territorio di riferimento". Cosa significa? "Un valore prossimo ad 1 di questo indicatore - conclude Giorgi - potrebbe indicare un focolaio senza un numero rilevante di nuovi casi di infezione" (clicca qui per andare al grafico).
Va detto che lo strumento ad oggi non ha validazioni scientifiche note in letteratura. Dunque gli stessi ideatori invitano a intenderlo "solo come un tentativo di comprendere l'attività dei diversi focolai del virus nelle regioni italiane". Proviamo a osservare l'andamento del rapporto tornando al 10 marzo, quando il premier Conte chiude l'Italia e la rende un'unica "zona protetta". Quel giorno il rapporto dei positivi su guariti e deceduti in Emilia Romagna è pari a 12,216, cioè un focolaio decisamente attivo. Venti giorni dopo, a fine marzo, il dato scende a quota 3,509.
Oggi la situazione appare migliore, visto che negli ultimi giorni la Regione ha registrato un avvicinamento del rapporto verso 1: secondo l'indicatore elaborato da Perfexia, l';Emilia starebbe dunque andando verso un rallentamento del focolaio di infezione, in cui cioè si riduce il numero rilevante di nuovi casi di infezione. Diverso il discorso per Calabria, Toscana, Veneto e Piemonte, che ancora registrano un valore compreso tra 2 e 5.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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