Covid, ecco quanto durano davvero gli anticorpi

11 mesi se non di più: è questa la durata degli anticorpi dopo l'infezione da Covid-19 spiegata dalla direttrice italiana del National Institutes of Healt americano. Ottime notizie anche da quelli prodotti dai vaccini

Covid, ecco quanto durano davvero gli anticorpi

Le notizie che giungono da oltreoceano sono molto positive: gli anticorpi prodotti a seguito dell'infezione da Covid-19 o dai vaccini durerebbero quasi certamente 11 mesi ma potenzialmente anche di più.

Cosa dice lo studio

L'ultimo studio americano in ordine di tempo parla anche italiano: la prima firma è di Valeria De Giorgi, direttrice della sezione malattie infettive dei National Institutes of Health, il principale centro di ricerca medica pubblico negli Usa. Lo studio, pubblicato su Pubmed (qui il link originale) conferma che 11 mesi dopo il contagio, il 91% delle 116 persone osservate ha ancora tanti anticorpi nel sangue. "All'inizio della pandemia, come tutti, siamo stati colti totalmente di sorpresa. Non avevamo notizie sul coronavirus, non sapevamo come trattare i pazienti - ha affermato la De Giorgi - In 116 hanno continuato a presentarsi per continuare a donare il plasma o semplicemente per dare un contributo alla nostra ricerca. Abbiamo potuto descrivere così l'andamento dei loro anticorpi. Un'osservazione di 11 mesi è una delle più lunghe di cui disponiamo oggi".

"Serve comunque la terza dose"

Se è vero che lo studio prende in esame un numero ristretto di persone, è anche vero che non può essere una "coincidenza" che proprio quel campione esaminato abbia così tanti anticorpi ancora in circolo. Tra l'altro, il 90% di quei pazienti ha avuto una malattia molto lieve: fino a poco tempo si sapeva che gli anticorpi più duraturi sarebbero stati prodotti soltanto con l'infezione tra il moderato e grave. In ogni caso, un richiamo vaccinale dopo un anno sarà necessario perché "con il tempo gli anticorpi tendono sempre a scendere. È vero che la memoria immunitaria è compsta anche da altri attori, i linfociti B e T, ma è probabile che un richiamo periodico serva. Ce lo diranno i dati del futuro. Se vedremo l'immunità calare troppo, il numero degli infettati tornare a salire e le varianti diffondersi molto, vorrà dire che ci servirà un richiamo", afferma la ricercatrice intervistata da Repubblica.

Perché varia il "numero" di anticorpi

Molti sono preoccupati da quanti anticorpi siano presenti sul proprio organismo: un numero basso allarma, un numero alto no. Noi del giornale.it abbiamo recentemente intervistato il Prof. Roberto Cauda (qui l'intervista completa), virologo del policlinico Gemelli di Roma, chiedendo se fosse importante, o meno, sapere la quantità dei nostri "amici" che ci proteggono dalla malattia. La risposta è no, perché "anche con valori bassi si può essere protetti da cellule specifiche", le famose cellule T di lunga memoria. In fase ancora di studio, invece, il perché una persona ne sviluppi di più o di meno anche rispetto ad un familiare. In questo caso "c'è ancora tanto da capire”, ha affermato Anthony Fauci, l'epidemiologo al vertice della task-force presidenziale Usa sul Covid-19. "Abbiamo donatori che provengono dalla stessa famiglia, che hanno presentato lo stesso quadro clinico durante lo studio, ma con valori di anticorpi molto diversi. Abbiamo osservato una correlazione postiva tra numero di anticorpi (IgG e neutralizzanti), età e obesità. Non sappiamo nemmeno qual è il livello minimo che di permette di considerarci protetti. Quel che vediamo è che la quantità di anticorpi decresce col tempo e chi parte da valori più alti ha una risposta più lunga nel tempo", ha affermato Valeria De Giorgi.

Differenza con gli anticorpi prodotti dai vaccini

Se fino a poco tempo fa si pensava che gli anticorpi prodotti dai vaccini potessero essere meno efficaci o durare di meno rispetto a quelli prodotti dall'infezione naturale, anche questa notizia sembra essere smentita dai 116 pazienti esaminati nell'arco dei mesi. "La quantità di anticorpi generati dai vaccini sembra essere molto più alta rispetto all'infezione naturale - sottolinea la direttrice. I nostri donatori, essendosi ammalati un anno fa, sono stati anche vaccinati. I loro anticorpi nel sangue sono saliti moltissimo, anche se lo studio è ancora in una fase inziale e i dati devo essere analizati in maniera appropriata”.

Il consiglio dell'esperta, però, è di non effettuare alcun test perché nemmeno un esperto sarebbe in grado di interpretare il risultato, non c'è uno standard come per altre malattie ed ogni individuo si comporta diversamente.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica