Dall'allarme pandemia al caos globale

I governi sono come la frutta: cambiano ad ogni stagione

Dall'allarme pandemia al caos globale

I governi sono come la frutta: cambiano ad ogni stagione. I più fragili mutano per sopravvivere cercando di accodarsi al mutevole vento dell'opinione pubblica, mentre quelli più solidi possono permettersi di cambiare obiettivi in ragione di nuove emergenze.

Il gabinetto Draghi, che ha appena oltrepassato la boa simbolica dei sei mesi, sta vivendo una metamorfosi silenziosa, come nello stile del suo comandante e dei suoi disciplinati ministri che da tempo hanno fatto un passo indietro sul piano del protagonismo e della smania di apparire. Ricordiamo l'insediamento di Mario Draghi il 13 febbraio, con la voce emozionata che trapelava dietro la mascherina. Era il cavaliere bianco della politica italiana, la più prestigiosa riserva della Repubblica chiamata a furor di popolo a compiere quel «cambio di passo» fuori portata per quel governicchio Conte, rimpianto solo da un piccolo sottobosco politico e mediatico.

I risultati dell'esecutivo non hanno tradito le attese, soprattutto sul contrasto alla pandemia con un piano vaccinale di massa che ha portato all'immunizzazione di oltre 36 milioni di cittadini over 12, pari al 67 per cento della popolazione. Due italiani su tre. Senza dimenticare come Palazzo Chigi abbia attuato una politica di ristori e protezione economica che ha evitato disordini di piazza e svelenito un clima di disperazione sociale. Il Pil è ripartito e milioni di persone sono andate in vacanza, segnali determinanti per un Paese che ha vissuto l'incubo del lockdown totale e mesi di restrizioni anti contagi.

È prematuro parlare di missione compiuta o rilasciare attestati definitivi di successo a una compagine governativa che su temi chiave come la giustizia, il reddito di cittadinanza o l'immigrazione subisce ostacoli e inerzie dalle parti politiche più forcaiole, assistenzialiste e permissive.

Oggi riprende di fatto l'attività politica dopo un breve periodo di vacanza, segnato dalla tragedia dell'Afghanistan e da un'ondata di sbarchi continui che una buona fetta della politica finge di non vedere. Il presidente del Consiglio non ama i proclami e di fatto ha già stravolto in silenzio l'agenda di governo per aggiornarla alle due grandi emergenze internazionali.

In pochi giorni Palazzo Chigi ha modificato la ragione sociale della sua missione, da governo anti virus a governo globale. Draghi viaggia verso un G20, parla con Biden e le cancellerie europee, tiene la barra dritta sulla questione libica. Il problema Italia, dalla persistenza del virus all'accoglienza di migranti e profughi, non è più solo una questione di palazzi romani ma di ordine mondiale. Uno scacchiere ritagliato su misura per il presidente del Consiglio, un italiano che ha sempre agito su scenari internazionali.

Chiuderà un occhio sulle escursioni balneari del suo ministro degli Esteri Di Maio, alzerà le spalle dinanzi a Conte che vuole dialogare con i talebani. Ma per fortuna la maggioranza più ampia della storia repubblicana (che annovera anche ex premier con grandi legami internazionali come Berlusconi e Renzi) gli consentirà di agire con la massima indipendenza.

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