Riunioni su riunioni, ordini e contrordini, divergenze tra Regioni e governo, professori e presidi in ordine sparso: alla riapertura delle scuole si arriva tardi e male.
La soluzione perfetta va detto per onestà non esiste, ma l'assoluta mancanza di una leadership politica (ma Conte dove è finito?) sta provocando il caos che, alla fine, scommettiamo, ricadrà sulle spalle non dei docenti, ma delle famiglie.
Pensare di mettere sotto una campana di vetro a prova di virus otto milioni di ragazzi e ragazzini e ottocentomila tra maestri e professori è pura utopia, non c'è monobanco o mascherina che tenga. E poi, a che servono decine di regole rigide e comuni se le 53mila scuole italiane sono diverse l'una dall'altra per dimensioni, struttura edilizia, zona climatica e accessibilità con mezzi pubblici?
Spaccare il capello in quattro su come mandare i ragazzi a scuola è quindi assai meno importante di capire bene e da subito che cosa succederà quando una classe dovrà andare in quarantena, in altre parole quando ragazzi e bambini dovranno restare a casa. La maggior parte di loro avrà entrambi i genitori al lavoro, i nonni non mi sembra il caso che li avvicinino. E allora, che si farà, chi pagherà i costi di una assistenza forzata? Le aziende dei genitori che perderanno il loro apporto (magari a singhiozzo), l'Inps (che già arranca di suo come ben noto), la famiglia stessa? E poi sarebbe utile sapere se l'insegnamento è ancora un lavoro dipendente regolato da contratti e leggi o se, per caso, sta per diventare un hobby, nel senso che ogni insegnante potrà liberamente scegliere in base ai suoi convincimenti e alle sue paure se andare in classe o starsene a casa, che tanto lo stipendio arriva lo stesso.
Tutte queste tutele economiche delle famiglie e regole inderogabili per i professori sarebbero dovute essere, e non da oggi ma da tempo, visto che se ne parla da sette mesi, le linee guida di un governo serio, non la costosa
e inutile rincorsa al banco singolo, che hai voglia a distanziare l'incoscienza, l'esuberanza e gli ormoni dei ragazzi. Vediamo invece di non distanziare ulteriormente, rincorrendo l'impossibile, i cittadini dallo Stato.
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