Incubo nazi, così la Germania ​ha rimosso il suo passato

Incubo nazi, così la Germania ​ha rimosso il suo passato

M entre scrivo e Kippur è appena finito, si sa, da Gerusalemme, che ci sono due persone uccise davanti a una sinagoga di Halle, nell'Est della Germania. Sono state uccise durante lo Yom Kippur, il giorno più santo per gli ebrei di tutto il mondo, in cui tutto il popolo ebraico si unisce nel digiuno e nella meditazione. Chi le ha uccise? Certo è che qualche antisemita voleva fare irruzione nella sinagoga. E mentre scriviamo lentamente affiorano i particolari. L'autore è un tedesco, bianco, 27 anni e sarebbe legato a gruppi di neonazisti. Se la Germania dovesse scegliere al mondo una sola cosa da fare per rendere i suoi cittadini degni abitanti di questo pianeta, questa sarebbe dedicare la sua vita intera allo sradicamento dell'antisemitismo, prima di pensare al benessere o allo sviluppo. La Germania è il Paese che, col peggiore di tutti i genocidi conosciuti, ha assassinato 6 milioni di ebrei deportandoli, rendendoli schiavi, uccidendo col gas donne e bambini. E che, dopo un'iniziale promessa già negli anni '50, ribadita anche da Angela Merkel, di dedicare le proprie energie a curare le terribili ferite, ha visto una continua crescita di odio contro gli ebrei e Israele, un fiorire di attentati antisemiti che, nei primi mesi di quest'anno, è già arrivato a 400. La Germania è andata al suo oscuro, fatale appuntamento con l'antisemitismo lasciando che si nutrisse di oblio di ciò che ha fatto agli ebrei, per cui il 77 per cento dei tedeschi oggi pensa sia opportuno ormai dimenticare: così è risorta l'ideologia suprematista nazista, e una studiata e negletta organizzazione di odio contro gli ebrei da parte della vasta moltitudine di immigrati islamici che la Germania ha accolto specialmente dal 2015, proprio per dimostrare il suo spirito di generosità e fratellanza.

I rapporti speciali della Germania con Israele furono siglati dal Trattato del Lussemburgo per garantire la sicurezza dello Stato Ebraico: non si trattò di un gesto di altruismo ma del tentativo dell'élite tedesca di reintegrarsi nella famiglia delle nazioni, nonostante il suo orribile passato criminale. I giovani, però, allora furono spinti a studiare e capire la Shoah, al contrario di quello che avviene oggi. Il commissario straordinario per l'antisemitismo, Felix Klein, ha pubblicato un articolo il 3 maggio scorso che afferma che «c'è un pericolo di sfrenato odio antiebraico in Germania» e questo mentre il suo governo non ha mai schivato i voti all'Onu e all'Ue sempre contrari a Israele, ha sospeso le relazioni diplomatiche temporaneamente, come è avvenuto nel 2017, arrogandosi il diritto di giudicare la politica di sicurezza di Israele, ha preso posizioni pubbliche di condanna, ha permesso manifestazioni pubbliche di odio omicida come quella che ha visto sfilare nelle strade di Berlino (inaudito) folle di Hezbollah con grida di «morte a Israele» e di «morte agli ebrei». Klein ha affermato che «a volte l'odio per gli ebrei si basa su una visione di destra radicale e a volte di sfrenato odio musulmano» e, inoltre, «spesso si origina nell'ideologia di sinistra caratterizzata da un apparente umanesimo globale. Ogni volta però l'immagine del nemico che ne esce è la stessa: l'ebreo».

Il 50 per cento degli immigrati, secondo uno studio condotto in Bavaria, pensa che gli ebrei hanno troppa influenza nel mondo, fra i tedeschi lo pensano fra il 15 e il 25 per cento. La Germania ha lasciato che si instaurasse ovunque nelle sue città, nelle scuole, nei mezzi di comunicazione di massa, nella politica, compattandosi nelle strade e nelle istituzioni centrali e nei sobborghi degli immigrati, nutrito da differenti ideologie, un vergognoso odio antisemita che il Paese avrebbe dovuto essere il primo a individuare e a combattere: un gesto molto positivo è stato quello del Bundestag di condannare il Bds come evidente movimento antisemita. Non è bastato. Ci vuole più lavoro, più occhi aperti, più sincerità nel guardarsi intorno. Non solo in Germania.

In questo momento di fine del Kippur, mentre scriviamo, tornano a casa dalle sinagoghe tutti gli ebrei, in Israele e fuori di esso. Il mondo ha il dovere di proteggerli davvero, e non solo a chiacchiere retoriche e con giuramenti che non vengono mantenuti.

Fiamma Nirenstein

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