No, il popolo del Pd (se ancora esiste) proprio non si aspettava un endorsement di Zingaretti a Barbara D'Urso. Dalla festa dell'Unità a Live Non è la D'Urso il passo in effetti non è da poco. Ma Zingaretti è un segretario a cui piace mostrarsi pop, come il fratello commissario Montalbano, uno da prima serata sulla tv generalista, un politico che non disprezza i gusti dell'uomo della strada, ma anzi li condivide. Già l'altra volta aveva litigato con gli editorialisti di Repubblica, dandogli addirittura dei «radical chic», termine aborrito da quelle parti e infatti per questo è stato bastonato a più riprese anche nel salotto di Fabio Fazio, tempio del progressismo più ortodosso.
Sul quotidiano di riferimento del partito gli avevano spiegato che lui non può parlare come Salvini o come un giornalista di destra, non sta bene, le parole sono importanti diceva quel film di Moretti, che ripassi i testi di base almeno. Poi ci ricordiamo il suo aperitivo spritz nella movida milanese, per dire al Covid «non ci fermi», salvo prenderselo lui pochi giorni dopo. Uno scivolone perdonabile. Ma con la solidarietà alla compagna Barbara il segretario raggiunge un livello superiore alla sopportazione per il suo elettorato. Già è fastidioso vedere un leader di sinistra in quel programma, ma esporsi pubblicamente perché la D'Urso non venga tolta dal palinsesto di Mediaset («Barbara D'Urso in un programma che tratta argomenti molto diversi tra loro hai portato la voce della politica vicino alle persone. Ce n'è bisogno!» ha twittato) è veramente troppo per uno che vota Pd. Il tweet fa inorridire molti a sinistra, ne nasce un dibattito su Twitter: «Ma ti hanno hackerato il profilo?»; «No, gli hanno hackerato proprio il cervello, purtroppo»; «Questo è uno dei punti più bassi del centrosinistra in Italia» commenta un altro. «Dopo l'aperitivo, si è bevuto anche il cervello», «Mi scusi Zingaretti, ma lei lo vuol fare andare sotto il 10% il PD?», «Ma andate nelle fabbriche, non dalla D'Urso»; «Il partito democratico è arrivato al capolinea, alla frutta, al dessert, alla fine, al punto di non ritorno»; «È una fake vero? Ma stiamo a scherzà? I programmi della d'urso che pur essendo un'ottima conduttrice sono stati la fucina del populismo e del sovranismo. Nicò ti prego dì che hai scherzato o ti han fregato la password» un altro fra le centinaia di commenti, tutti furenti contro Zingaretti, tranne qualche voce che si leva in difesa del segretario: «Tutti i politici fanno la fila per andare da #carmelitadurso, però se Zingaretti la loda tutti ad attaccarlo. Ma quanto siete ipocriti e falsi. O forse è invidia». E un altro ricorda la puntata di Renzi dalla De Filippi: «Renzi ad Amici di Maria andava bene. Zingaretti e il tweet pro D'Urso, no. Scusate ma non comprendo».
Per l'elettore di sinistra non era strano vedere Renzi ospite in un programma considerato trash di Mediaset, ma vedere Zingaretti (che dalla D'Urso è andato a gennaio) invece sì. In passato c'era stato il risotto cucinato in diretta a Massimo D'Alema a Porta a Porta, Piero Fassino a C'è posta per te, poi appunto Renzi (con il chiodo alla Fonzie) ad Amici. Incursioni rare nella galassia aliena accompagnate sempre da dibattiti a sinistra circa l'opportunità di farlo.
Diciamo che per Zingaretti, come strategia comunicativa per farsi vedere vicino alla gente e non radical chic, non è che funzioni molto.
Secondo Dagospia ci sarebbe lo zampino del social media manager di Zingaretti alla Regione Lazio, Carlo Guarino (90mila euro annui il compenso per consigliare il governatore-segretario) che compare insieme alla D'Urso e ad altri amici in una foto al mare pubblicata dalla conduttrice l'estate scorsa su Instagram. Coincidenze? Io questo non creto, direbbe Razzi.
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