Lo apprezzava più nelle vesti di attore che in quelle di oratore. Indro Montanelli ha più volte espresso la sua opinione su Dario Fo mettendola nero su bianco sulle colonne del Corriere della Sera e del Giornale. Nel 1962, quando scoppiò il caso Canzonissima, Montanelli, pur elogiando Fo definendolo un “valentissimo attore”, non si capacitava del fatto che “mentre negli altri paesi dell'occidente si discute di Mercato Comune, di Europa e della necessità di restituire al nostro vecchio continente una sua autonomia e dignità e dei mezzi che si debbono adottare per raggiungere questo risultato, in Italia gli argomenti del giorno e le grandi preoccupazioni di tutti sono Dario Fo, Franca Rame e la televisione”.
Quando invece assegnarono il Nobel al giullare, in prima pagina sul Giornale, Montanelli espresse tutto il suo stupore riservando stoccate e parole caustiche. Era il 10 ottobre del 1997 e il giornalista vergava: “Il Nobel a Dario Fo mi riempie di tripudio. Per due motivi. Uno, strettamente personale, è la speranza che questa assegnazione guarisca finalmente della sua nobelmania il mio vecchio amico e degnissimo poeta Mario Luzi che da decenni si sentiva vedovo di quel premio e non riusciva a darsene pace. Spero che se la dia ora, vedendo a chi tocca. Il secondo motivo, più consistente, e che si riallaccia al tema di questo modesto articolo, riguarda il nostro rapporto con l'Europa. Dalle notizie di agenzia che affluiscono sui tavoli di redazione, risulta che l'Europa è rimasta senza parole alla notizia della crisi italiana e si sta chiedendo se sia il caso di accogliere nel suo Sinedrio politico ed economico un paese che, dopo aver fatto di tutto per esservi ammesso, rischia di vanificare tutto il suo sforzo aprendo una crisi senza capo né coda. Giusto. Ma un'Europa che sul piano culturale accoglie nel suo Gotha un Fo, che titolo ha a respingere la patria sul piano economico e politico?”.
Qualche giorno prima, precisamente il 2 ottobre dello stesso anno, sulla Domenica del Corriere Montanelli scriveva: “Di Fo ho sempre detestato quello che diceva, ma lui era perfino simpatico. Mi dicono che la moglie sia la sua infuocatrice, la sua anima cattiva. Se fosse così, peccato, una donna bella dovrebbe infuocare ben altro”. Lo scritto rappresentava quasi una precisazione dopo le "lodi" tessute da Montanelli nei confronti di Fo per la sua difesa del Tricolore nella manifestazione antisecessione svoltasi a Milano. Il giornalista, da buon vanesio qual era, si era scoperto fino a un certo punto e aveva scritto: “Non mi sento imbarazzato da questa mia improvvisa e imprevista (anche da me) simpatia. Ad essere imbarazzato sarei io, se lui me la ricambiasse”. Per ritrovare il Montanelli caustico basta ripescare un altro scritto: “Dario Fo, poeta di corte dell'ultrasinistra, flagella nella sua ultima fatica teatrale il senatore Amintore Fanfani, responsabile di ogni nequizia passata, presente e futura. I sarcasmi più grevi hanno però come bersaglio il metraggio del notabile democristiano che, come tutti sanno, non è quello di un granatiere.
Toulouse-Lautrec, che per gli stessi motivi dovette per tutta la vita subire analoghe canzonature, disse una volta, giocando sulla lunghezza del suo doppio casato: «Ho la statura del mio nome». Non sappiamo se questo discorso si possa applicare a Fanfani. Certo, si applica a Fo”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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