Ecco i piani del Vaticano per il palazzo dello scandalo londinese

Le mail per la Segreteria di Stato sono molto rilevanti: tra queste anche l'idea di creare uffici e e parcheggi

Ecco i piani del Vaticano per il palazzo dello scandalo londinese

Il palazzo che il Vaticano ha acquisito a Londra, quello finito al centro dello scandalo sulle operazioni finanziarie per cui sono state sospese cinque persone nelle passate settimane, è destinato ad essere migliorato. Questa, almeno, è la conclusione più diretta tra quelle che derivano da un approfondimento pubblicato oggi su Il Corriere della Sera.

Quello stabile non resterà nello stato in cui si trova ora. In programma c’è un ampliamento. Si parla infatti di due piani nuovi, tutti da costruire, e della dotazione di parcheggi. All’interno dei piani, secondo quanto si legge, verranno collocati degli uffici. Può essere un indizio sul futuro del palazzo. La Santa Sede non è un’azienda e non pensa in termini economicistici, ma la sensazione è che si debba ragionare su come far fruttare un acquisto esoso (200 milioni di dollari) che ormai non può non essere tenuto in considerazione. La situazione delle casse, con tutto il vociferare che esiste attorno al presunto deficit, può preoccupare. E intanto la destinazione d’uso individuata sembra differenziarsi da quella pensata in un primo momento: è probabile che l’idea originaria del finanziere Mincione, quella secondo cui nell’edificio della capitale londinese sarebbero potuti sorgere decine di appartamenti di lusso, venga accantonata per sempre. Sempre che non sia già stata messa da parte tempo addietro.

Dello stato dell’indagine abbiamo già parlato in questi giorni: la novità più rilevante, stando a quanto si è appreso, riguarda come Raffaele Mincione sia ora indagato dalla procura di Roma per presunta corruzione e per presunta associazione a delinquere finalizzata alla truffa. Ma quelli sono aspetti inchiestistici per cui bisognerà attendere i tempi e le eventuali prime conclusioni. Quello che sta emergendo, sempre attraverso la disamina della fonte sopracitata, è come le operazioni finite sotto la lente d’ingrandimento, tra quelle effettuate attorno a quel palazzo, possano essere più di una soltanto. Viene fatto il nome di un broker: Gianluigi Torzi. Una persona cui la Santa Sede si è rivolta, in seguito alle perplessità avanzate su Mincione. Il fine? Era sempre acquisizione dello stabile. E il Corriere della Sera ha annotato quanto segue: “Ma evidentemente non tutto è stato così lineare. Torzi avrebbe ottenuto diritti sulla società che gli consentivano di gestire il palazzo in piena autonomia. Insomma il Vaticano era di nuovo con le mani legate. Da qui la necessità di rompere anche con Torzi: ad aprile 2019 esce di scena incassando 10 milioni di commissioni”.

Provando a sintetizzare, sembra lecito asserire che le cose non siano andate come previsto, e magari voluto, da parte di alcune alte gerarchie ecclesiastiche.

Ora, tenendo anche a mente quello che sta mettendo in campo il Papa per raggiungere una piena trasparenza, con la nomina di padre Guerrero Alves a prefetto della Segreteria per l’Economia e con tutte le altre contromisure che Bergoglio sta prendendo, bisogna far fronte alla situazione creatasi. E una delle soluzioni, per paradosso, può essere quella di far sì che il palazzo londinese comporti dei frutti economici e non resti inutilizzato.

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