Emergenza rifiuti, ecco la "città" che non paga la Tari

A Tor Bella Monaca, periferia Est di Roma, la raccolta dell'immondizia procede a rilento e i marciapiedi sono invasi dalla spazzatura. I residenti: "Ormai diamo fuoco ai topi con la benzina". Ma in 72mila non pagano la tassa sui rifiuti

Emergenza rifiuti, ecco la "città" che non paga la Tari

L’aria della periferia romana puzza di uova marce e scarti imputriditi. Il sole di aprile scalda le decine di sacchi neri accatastati ai lati dei cassonetti e le panchine della piazza circondata dalle case popolari del comparto m4. I ragazzini sfrecciano sui motorini con i capelli al vento mentre ai tavolini del bar c’è chi aspetta che la settimana finisca gustandosi questo inaspettato anticipo d’estate. Tra i palazzoni grigi dell’Ater, il tempo sembra passare più lentamente. Forse è per questo che l’immondizia si accumula ad ogni angolo, avvelenando l’aria e insudiciando i marciapiedi.

È Tor Bella Monaca uno dei quartieri più colpiti dall’emergenza rifiuti, che a Roma torna puntuale ogni volta che si avvicinano le festività. Da via dell’Archeologia a via Amico Aspertini, le strade del quartiere sono costellate di vere e proprie discariche in miniatura. “Occhio che qui i topi sono grossi così”, ci avverte un ragazzo indicando la distesa di rifiuti che ostruisce totalmente il passaggio. “Questa zona è disastrata, siamo completamente abbandonati dal Comune”, si lamenta Roberto, che da anni abita alle “torri” e assieme agli altri residenti denuncia disservizi e ritardi nella raccolta.

Eppure, nel quartiere più popolato e popolare della Capitale, secondo una recente indagine dell’Ama, quelli che non pagano la tassa sull’immondizia sarebbero ben 72mila. Secondo l’azienda nel VI municipio, infatti, ammonterebbero a 30mila le “utenze fantasma”, senza contare le 6.300 utenze commerciali non registrate. Praticamente una “città” di evasori. “È una forma di protesta contro lo schifo che ci circonda, così ci ribelliamo a questa situazione”, si difendono gli abitanti, che ormai per liberarsi dai ratti che infestano le strade, attirati dai cumuli di rifiuti, ricorrono al fai-da-te. “Versiamo la benzina nelle tane e poi gli diamo fuoco - spiega uno di loro - così almeno risolviamo il problema dei topi, visto che abbiamo chiesto più volte di fare la disinfestazione ma non si è fatto vivo nessuno”. Insomma, da quando i bambini del quartiere facevano la conta dei roditori attorno ai cassonetti poco è cambiato, nonostante i proclami dell'amministrazione.

Secondo un dipendente dell’azienda della nettezza urbana il problema starebbe nel gap tra le utenze dichiarate e le migliaia di utenti abusivi. “Il servizio andrebbe potenziato perché in questa zona siamo sotto organico rispetto al numero reale di consumatori”, ci dice affacciandosi dal camion. “Così succede che spesso i mezzi sono pieni e non riescono a svuotare tutti cassonetti”. L’immondizia che continua ad accumularsi sui marciapiedi, poi, rende impossibile agganciare i secchioni per svuotarli. Un cane che si morde la coda, insomma. Ma il problema è anche l’educazione. “Tante volte – ci spiega - anche se i bidoni sono vuoti la gente lascia l’immondizia fuori per comodità”. E ad approfittare del caos ci sono anche i nomadi che gestiscono il racket dei rifiuti ingombranti, offrendosi di smaltirli a modo loro. “La scorsa settimana nel piazzale dietro la curva di via Aspertini c’erano più di 20 frigoriferi abbandonati”, testimonia un commerciante della zona.

Nei quartieri più centrali lo scenario non è molto diverso. E l’opposizione in Campidoglio da giorni lancia l’allarme sullo stato degli impianti Tbm di via Salaria e Rocca Cencia, che sarebbero di nuovo al collasso.

Si sono concluse con un nulla di fatto, inoltre, le gare per trasferire i rifiuti della Capitale in altre regioni, mentre a fine giugno pende come una spada di Damocle la fine dell’accordo con la Regione Abruzzo per il trattamento dei rifiuti di Roma. Da Palazzo Senatorio rassicurano sul rinnovo dell’intesa fino a fine anno, ma i cassonetti che strabordano un po’ ovunque lasciano prefigurare una nuova emergenza alle porte. Ammesso che la città ne sia mai uscita.

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