Per essere conte non basta solo il nome

Chiara Ferragni chiede scusa e restituisce un milione di euro, dando così ragione a Giorgia Meloni che ieri l'altro dal palco di Atreju aveva criticato chi fa finta beneficenza per incassare lauti compensi

Per essere conte non basta solo il nome
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Chiara Ferragni chiede scusa e restituisce un milione di euro, dando così ragione a Giorgia Meloni che ieri l'altro dal palco di Atreju aveva criticato chi fa finta beneficenza per incassare lauti compensi. Chi invece insiste a sbagliare è un altro influencer, il leader per caso dei Cinque Stelle Giuseppe Conte finito, al pari della Ferragni, nel mirino della Meloni per la gestione allegra che da premier fece dei soldi pubblici. Per dirimere la diatriba con la Meloni, Conte ha chiesto la convocazione del giurì d'onore della Camera, manco fossimo ancora nell'Ottocento, secolo nel quale le questioni di onorabilità venivano risolte a singolar tenzone con spada o pistola.

Vabbè, sappiamo come è l'uomo, del suo egocentrismo e del suo vuoto pneumatico. Beppe Grillo, che ben lo conosce, ha detto di lui in sequenza: «Non ha alcuna visione politica né capacità manageriale»; «È perfetto per la politica, quando parla non si capisce nulla»; «È l'uomo dei penultimatum, mai dell'ultimatum»; «Il suo avatar è più espressivo di lui». Chiarito di chi stiamo parlando veniamo alla sostanza della questione.

Elly Schlein e Giuseppe Conte vorrebbero impedire a Giorgia Meloni di dire quello che pensa financo quando parla non da primo ministro in una sede istituzionale, veste che richiede certamente qualche piccola cautela, ma da leader politico alla festa del suo partito come è successo domenica ad Atreju. Insomma, i due leader dell'opposizione vorrebbero silenziare il leader della maggioranza, perché di questo in fondo si tratta, per tutta la campagna elettorale per le elezioni europee in nome di non si capisce quale principio democratico. Sia chiaro: ben poche delle parole che pronunciano quotidianamente Schlein e Conte supererebbero il vaglio di un giurì d'onore, a volte neppure quelle di un professore di italiano.

Certamente non convincono Lilly Gruber che di recente apostrofò in diretta la segretaria del Pd: «Ma chi la capisce se lei parla così?».

Ecco, la Meloni viceversa quando parla si fa capire bene, tanto che la capisce pure uno come Giuseppe Conte che proprio sveglio non è. Che poi a lui dia fastidio sentirsi dire la verità ci sta. Ma scomodare il giurì è davvero ridicolo, non basta un cognome per atteggiarsi da conte, sì conte dei miei stivali.

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