Facciamo pagare il ticket ai turisti fai-da-te

Bosusco libero straparla: "E' stata una bella vacanza". Bisogna chiedersi se questi turisti dei viaggi avventurosi non debbano pagare il conto

Facciamo pagare il ticket ai turisti fai-da-te

«Sono stati 28 giorni di vacanza pa­gata » è la battuta infelice di Paolo Bosusco appena liberato dai ribelli maoisti. Poi ha fatto marcia indietro sostenendo che «era dura» e spiegando di aver perso 10 chili. La frittata iniziale, però, serve come spunto per chiedersi se questi turisti dei viaggi avventurosi o tour operator, come Bosusco, non debbano pagare il conto. O quantomeno un ticket per lo sforzo dello Stato italiano nel liberare gli ostaggi, che ha spesso un costo elevato in termini politici ed economici.

Dalle foreste dell'India, allo Yemen oppure nei deserti africani frequentati solo da tagliagole, non sono mancate frotte di turisti italiani finiti nei guai. A rigor di cronaca anche Mariasandra Mariani, l'ostaggio fiorentino più a lungo nelle mani di rapitori, è una vacanziera infilatasi in un postaccio, l'Algeria meridionale. L'unità di crisi della Farnesina, i servizi segreti, le reti diplomatiche si occupano in ugual maniera dei connazionali sequestrati, dai cooperanti talvolta troppo ingenui ai marittimi abbordati dai pirati. Forse per i turisti in cerca di avventura o per gli ostaggi più imbecilli bisognerebbe almeno presentare il conto una volta tornati a casa. Pochi lo sanno, ma dal 2011 esiste una norma che lo prevede.

Si tratta del comma 5 dell'articolo 50 del codice del turismo. «In ogni caso, il Ministero degli affari esteri può chiedere agli interessati il rimborso, totale o parziale, delle spese sostenute per il soccorso e il rimpatrio delle persone che, all'estero, si siano esposte deliberatamente, salvi giustificati motivi correlati all'esercizio di attività professionali, a rischi che avrebbero potuto conoscere con l'uso della normale diligenza», recita il decreto legge nr. 79 del 23 maggio 2011. Non risulta che sia stato ancora applicato. Lo stesso ministro degli Esteri, Giulio Terzi, ha parlato ieri, riferendosi a Bosusco e Colangelo, il compagno di viaggio liberato prima, come di «una vicenda rischiosa e molto complessa che in queste settimane ci ha visto impegnati a tutti i livelli e senza sosta». A Bosusco, da nove anni in India come accompagnatore di turisti, non occorreva leggere le avvertenze sul sito «Viaggiare sicuri» per sapere che l'entroterra dell'Orissa era pericoloso.

Ad altre latitudini, come nell'Africa subsahariana dove non abbiamo ambasciate ed antenne dei servizi dappertutto, costa ancora di più in termini di missioni e lavorio dietro le quinte salvare gli ostaggi. Poi ci sono i casi dei recidivi, come i turisti italiani rapiti in Niger, che una volta liberati tornarono a prendersi le automobili lasciando allibito l'ambasciatore che li aveva tirati fuori dai guai.

Da tempo chi lavora in prima linea sui sequestri sostiene «che non si deve dare tutto per scontato. Quando qualcuno va a cercarsela perchè fa parte di una Ong un po' garibaldina, oppure per uno svago avventuroso bisognerebbe chiedersi perchè deve pagare sempre Pantalone».

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