"Faccio parlare la polvere da sparo: così inchiodo i killer"

Il perito balistico Raffaella Sorropago spiega a IlGiornale.it come dalla polvere da sparo si possa risalire all'autore di un omicidio

"Faccio parlare la polvere da sparo: così inchiodo i killer"

L’analisi dei residui da sparo unitamente alla ricostruzione della scena del crimine sono tra le attività compiute dal perito balistico, che consentono di individuare i dettagli di un delitto. Il lavoro svolto da questo professionista permette di attribuire le responsabilità all’autore delle azioni di fuoco, incidendo sull’evoluzione dell’eventuale procedimento penale. Ottima conoscenza delle armi, della loro funzionalità e di tutti gli elementi a essi collegati sono alla base di questa attività insieme a una preparazione che riguarda i principi fisici relativi alle traiettorie e ai rimbalzi. E ancora una conoscenza relativa ai principi chimici attinenti ai residui di sparo e alle ferite da armi da fuoco accompagnate da un certo fiuto investigativo fanno del perito balistico una figura indispensabile per le indagini di casi che, diversamente, rimarrebbero irrisolti. “Su ogni scena del crimine - dice a IlGiornale.it il perito balistico Raffaela Sorropago – ci sono diversi reperti balistici che ci permettono di risolvere tante incognite”. Sorropago ci ha fatto entrare nel suo mondo spiegandoci i dettagli della sua attività. È stata lei lo scorso anno a eseguire la perizia balistica per l'omicidio compiuto nella villa di Bazzano permettendo di risalire all’autore del reato.

Quali sono i reperti balistici che è possibile individuare sulla scena del crimine?

“Ogni scena del crimine è unica perché in ognuna è possibile individuare reperti balistici diversi. Questi ultimi sono rappresentati da ciò che rimane dopo lo sparo, come ad esempio il bossolo, il proiettile e quant’altro prodotto durante la combustione della cartuccia. Anche ciò che non si vede a occhio nudo come i residui dello sparo (Gsr). Sugli elementi repertati vengono effettuati gli accertamenti. Ma l’analisi della scena del crimine in caso di utilizzo di un’arma da fuoco è composta anche dallo studio di tutte le informazioni che ricostruiscono l’azione criminosa e quindi innanzitutto la tipologia di arma e munizionamento utilizzato, le traiettorie seguite dal proiettili, i punti di impatto, la posizione dell’aggressore e della vittima, lo studio delle ferite e cosi via”.

Andiamo per gradi. Quali sono gli elementi che lei raccoglie per ordine di importanza sul luogo del delitto?

“Non esiste un ordine di importanza preciso, ma ci sono delle regole generali da seguire per non inficiare la ricerca, la repertazione e l’analisi degli specifici reperti di quella particolare scena del crimine. La condizione ideale sarebbe di arrivare sulla scena nell’immediatezza dei fatti per evitare che nel frattempo siano avvenuti inquinamenti accidentali (causati ad esempio dai curiosi) o necessari (come l’intervento del personale sanitario). Ci sono poi delle accortezze che devono essere messe in pratica per non inficiare gli accertamenti tecnici da eseguire. Se ad esempio occorre estrarre dal cadavere un proiettile per poter fare delle comparazioni balistiche e individuare l’arma che ha sparato, il prelievo dal corpo andrà fatto delle pinzette di plastica per evitare che lo sfregamento del metallo contro metallo possa rovinare le strie. Inoltre è bene essere dei buoni conoscitori delle scienze forensi per non ostacolare con il nostro intervento il lavoro dei colleghi. Se dobbiamo ad esempio effettuare degli accertamenti balistici su un bossolo, prima di toccarlo dobbiamo accertare che il dattiloscopista abbia già rilevato le impronte digitali”.

Può capitare di dover fare a meno di uno di questi elementi?

“A volte sì, altre no. In generale ogni caso è a sé. Posso essere chiamata a ricostruire completamente una scena del crimine e la relativa crimino-dinamica, come pure a occuparmi di un elemento specifico, come nel caso dell’analisi dei residui di sparo o per le comparazioni balistiche. A volte vengo nominata per lo studio di un’azione criminale, a volte per un incidente di caccia”.

Per ricostruire la scena del crimine e per effettuare la perizia balistica si avvale di diversi scatti fotografici. Oggi però, a differenza degli anni passati, appare sempre più importante anche l’uso del drone. Perché?

“Gli scatti fotografici sono indispensabili perché ci permettono di analizzare tutto ciò che va dal generale al particolare e di avere una visione molto da vicino di quello che andremo ad analizzare. Vengono generalmente effettuati con le squadrette metriche che ci permettono di verificare misure e proporzioni. Il drone è uno strumento coadiuvante nell’analisi della scena del crimine perché consente di registrare un’immagine dall’alto e anche in movimento. Grazie a quanto registrato da questo strumento, gli addetti ai lavori ossia giudici, pm e avvocati, all’interno del processo, possono accedere 'virtualmente' alla scena del crimine. Il drone consente di dare un’immagine precisa ampia, corretta, rispettando distanze e proporzioni di quello che è oggetto di valutazione”.

Nel caso in cui dopo l’omicidio il corpo della vittima venisse spostato di qualche metro o addirittura portato altrove si può comunque riscontrare un nesso di causa tra l’esplosione del colpo e l’evento mortale?

“Nel caso in cui il proiettile sia rimasto all’interno del corpo è possibile, studiando il tramite della ferita, recuperare il proiettile e accertare che la morte sia avvenuta a causa di un’azione di fuoco. Anche nel caso in cui il proiettile abbia penetrato il corpo ma sia fuoriuscito è possibile, però in sede autoptica, studiare la ferita e verificare tutta una serie di elementi (il tatuaggio, l’affumicatura, ecc.) caratteristici di un colpo d’arma da fuoco, che possano comunque accertare la situazione”.

Per quanto tempo è possibile rilevare i residui di sparo sul luogo del delitto o sull’autore dello sparo?

“Questo quesito è oggetto di studio da circa 100 anni. Si ritiene che i residui di sparo possano rimanere per tanto tempo nei luoghi o sugli indumenti. Questo perché si tratta di microparticelle di metalli pesanti che non vengono né assorbiti dalla pelle né dall’ambiente ma devono essere rimossi appositamente. Nel primo caso ad esempio possono essere eliminate con il lavaggio delle mani. Di conseguenza nell’ambiente possono persistere giorni, mesi o anni tranne che non vengano effettuate attività di pulizia o intervengano fattori esterni, come ad esempio agenti atmosferici capaci di determinare la dispersione dei residui da sparo”.

Cos’è la Bpa?

“È l’analisi delle tracce ematiche attraverso quelli che sono i concetti di biologia, di fisica e di matematica, al fine di definire e ricostruire quella che è stata la crimino-dinamica di un’azione delittuosa. Si studia la forma, la grandezza la posizione delle macchie di sangue per determinare quali sono stati gli elementi fisici che hanno dato vita a queste tracce”.

Qual è il caso che l’ha colpita di più e perché?

“L’omicidio nella villa di Bazzano dello scorso anno.

Sono stata nominata consulente tecnico dal pm ed è stato un caso molto complesso da seguire. È stato di grande soddisfazione apprendere la notizia che la condanna inflitta dal giudice ha seguito la linea dei risultati dei miei sopralluoghi e studi”.

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