Sale la tensione al confine tra l'Italia e la Svizzera. Il segretario generale della Farnesina, Michele Valensise, ha convocato l'ambasciatore svizzero Giancarlo Kessler per esprimergli "viva preoccupazione" per le misure introdotte dalle autorità cantonali ticinesi che sfavoriscono pesantemente i lavoratori frontalieri italiani.
Violazione della libera circolazione delle persone e peggioramento dell’imposizione fiscale sono i due punti caldi che hanno raffreddato i rapporti tra Italia e Svizzera. Gli italiani che quotidianamente varcano il confine per lavorare nella Confederazione sono 60mila nella sola Lombardia. Come ricorda la Farnesina, le misure adottate dalla Svizzera violano l'accordo europeo sulla libera circolazione delle persone del 1999. "Sono misure palesemente discriminatorie nei confronti di cittadini italiani e in contraddizione con l’eccellente stato delle relazioni bilaterali", tuona il segretario generale che ha chiede alle autorità di Berna di impegnarsi per "porre termine a una situazione che suscita profonda insoddisfazione in Italia". Da parte sua, Kessler avrebbe confermato che le autorità federali svizzere considerano tali misure incompatibili con gli obblighi derivanti dall'accordo e avrebbe assicurato che informerà tempestivamente le autorità sul crescente rilievo della questione per l'Italia e sulle aspettative di una sua rapida soluzione.
Già nel febbraio 2014, all’indomani dell’approvazione del referendum che ha introdotto un tetto all’immigrazione, il clima tra i due paesi è cambiato. Ma è dall’aprile scorso che i rapporti sono divenuti ancora più tesi quando, alla vigilia delle elezioni cantonali, il Ticino ha previsto l’obbligo di presentazione del certificato penale generale del casellario giudiziale e quello dei carichi pendenti per tutti gli italiani che richiedano il rilascio del permesso, o il suo rinnovo, per lavorare in Ticino. Norma che, secondo i sindacati italiani, viola apertamente tutti i Trattati in materia di libera circolazione delle persone e contraddicono gli accordi bilaterali italo-svizzeri. In più, i frontalieri sono preoccupati dalle novità introdotte dagli accordi tra Roma e Berna in materia di doppia imposizione fiscale. Il nuovo sistema, che partirà dal 2018 ed entrerà a regime completo nell’arco di dieci anni, secondo i sindacati dei frontalieri rischia di aumentare la pressione fiscale sugli italiani che lavorano in Svizzera.
Attualmente l’imposizione sui frontalieri è prelevata direttamente nel Cantone ad aliquote inferiori a quelle italiane; lo stesso Cantone, successivamente, ne trattiene il 61,2%, riversando in Italia il 38,8% mancante. Nel 2018 partirà la prima modifica, con il pagamento del 70% delle tasse in Ticino, primo anello di una catena che porterà gradualmente i frontalieri a pagare il 100% delle loro tasse in Italia. Questo genererà un maggior introito per le casse dello Stato italiano, ma - denunciano i sindacati - anche una netta decurtazione dei redditi per i frontalieri e una riduzione dei fondi a favore dei comuni di frontiera.
La situazione aveva portato nei giorni scorsi il governatore della Lombardia Roberto Maroni a una polemica presa di posizione: "Se la Svizzera continua con questa ostinazione - ha detto Maroni alla tv svizzera - io penso di dire ai 60mila lavoratori lombardi ’facciamo una prova, per un mese non andate in Svizzera, non andate a lavorare, vi pago io lo stipendiò, e vediamo cosa succede".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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