Pochi sanno che l'Italia è il terzo Paese al mondo ad aver messo in orbita un satellite artificiale: il «San Marco A», lanciato il 15 dicembre 1964 da Wallops Island. Prima di noi solo i sovietici, con lo Sputnik, seguiti a una incollatura dagli Stati Uniti. Da allora è passato oltre mezzo secolo. Più di 50 anni in cui si è accumulato un tale bagaglio di esperienze scientifiche e industriali da fare dell'Italia uno dei Paesi «leader» mondiali in campo spaziale. L'ASI – Agenzia Spaziale Italiana – è nata nel 1988 proprio per coordinare le strategie e gli investimenti nel settore ed è attualmente il terzo contributore dell'ESA, l'Agenzia Spaziale Europea. Dal maggio dello scorso anno, alla presidenza c'è il professor Roberto Battiston, proveniente da 30 anni di ricerca scientifica ai massimi livelli - dal CERN di Ginevra al TIFPA da lui fondato all'Università della sua Trento.
Professor Battiston, provi a spiegare nel modo più semplice possibile che cosa fa e a che cosa serve l'Agenzia Spaziale Italiana?
«É facile. Per prendere un treno, o per viaggiare in automobile, è necessario che qualcuno si occupi di realizzare e gestire delle infrastrutture: strade, treni, binari, viadotti, stazioni... Allo stesso modo per “utilizzare” lo Spazio, per sfruttare le potenzialità dei satelliti di navigazione o di telecomunicazione, o di osservazione della Terra, è indispensabile che qualcuno si occupi di proporre, progettare, realizzare e gestire il particolare tipo di infrastrutture necessario. Questo “qualcuno” è, da noi, l'Agenzia Spaziale Italiana. L'ASI ha inoltre il compito di garantire che tutte le attività industriali e di ricerca necessarie per la realizzazione di complessi sistemi spaziali siano “messe a sistema”, in modo da poter competere a livello internazionale».
La sua nomina data 16 maggio 2014. Lei guida l'ASI ormai da oltre un anno e ha cominciato alla vigilia di una serie di appuntamenti importantissimi. La presidenza di turno italiana alla Ue, il via alla missione di Samantha Cristoforetti, la Conferenza Ministeriale ESA (l'appuntamento di pianificazione strategica più importante per i Paesi membri dell'Agenzia Spaziale Europea, in Lussemburgo nello scorso dicembre), solo per citarne alcuni. Può già tracciare un primo bilancio?
«Premetto che mi sono candidato perché mi piacciono le sfide e che vivo il fatto di essere stato scelto allo stesso tempo come un grande onore e una grande responsabilità. Detto questo, dopo un anno comincio a vedere con chiarezza non solo quali sono i programmi da portare a termine, ma anche quali sono le opportunità di nuovi progetti. Dallo sviluppo dei piccoli satelliti ad alta tecnologia - un cambio sostanziale nel modo di “fare Spazio” – all'affermazione delle capacità di lancio italiane con il vettore Vega, che vuol dire maggiori opportunità di missioni; e poi anche programmi applicativi, come ad esempio l'SST (Space Surveillance and Tracking), che monitora le traiettorie delle decine di migliaia di oggetti in orbita attorno alle Terra, in modo da evitare danni possibili ai satelliti operativi più importanti. Allo stesso tempo, seguiamo con la massima attenzione i programmi ESA in ambito scientifico, per pianificare le missioni del prossimo decennio».
Fermiamoci sul ruolo di Vega nelle strategie di accesso allo Spazio del Vecchio continente. È, appunto, uno dei risultati più interessanti della Ministeriale. Ce lo racconti.
«Non c'è “Spazio”, non ci sono satelliti, senza l'accesso (allo Spazio) garantito dai lanciatori. Vega è il risultato di uno sforzo pluriennale, guidato da Antonio Fabrizi, un grandissimo scienziato recentemente scomparso. Si tratta di un razzo di piccole dimensioni, sviluppato in Italia negli ultimi 10 anni dall'ASI con AVIO ed ELV, in grado di trasportare payload da una tonnellata e mezza, che si è rivelato straordinariamente efficace ed affidabile: per il prossimo autunno avrà in attivo già sei missioni, tutte perfettamente portate a termine. All'ultima Ministeriale ESA l'Italia si è impegnata in modo particolare in questo campo, riuscendo a far diventare VEGA centrale nelle strategie continentali: il “suo” motore sarà comune a tutta la famiglia di lanciatori ESA (che comprenderà Ariane 6) e verrà inoltre sviluppata la versione più potente del razzo, il Vega C. L'Italia diventa così l'unico Paese europeo, con la Francia, ad avere un suo lanciatore. Per questo la conclusione della Ministeriale in Lussemburgo resta il momento che ricordo di più in questi primi 13 mesi all'ASI.
Per il lungo lavoro di preparazione, per quei due giorni di assoluta adrenalina in cui abbiamo saputo ben difendere le nostre posizioni. E la gioia che abbiamo condiviso, come delegazione italiana guidata dal ministro Stefania Giannini, è stata indimenticabile: anche perché in quei giorni Antonio Fabrizi era ancora con noi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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