“Non c’è nessun patto con la Lega”. “Non do le chiavi del mio Paese a persone che hanno idee quantomeno confuse”. Luigi Di Maio e Matteo Salvini, prima delle elezioni, se ne sono dette di ogni colore. Ma anche dopo non hanno scherzato quanto ad accuse reciproche ma, alla fine, oggi, con ogni probabilità, l’alleanza gialloverde avrà l’ok del Quirinale. Per ‘celebrare’ questo giorno solenne che sancirà la nascita della Terza Repubblica (nient’altro che una brutta della Prima), vogliamo ripercorrere le fasi salienti degli ultimi due mesi, caratterizzate da balletti, tradimenti e voltafaccia dei due giovani leader.
L'esito delle elezioni Politiche
Il 5 marzo l’Italia si sveglia sotto le scosse di un terremoto politico senza precedenti. Il M5S schizza al 32,5% diventando il primo partito ma il centrodestra vola come coalizione al 37% con la Lega che arriva al 17% superando Forza Italia di 3 punti. Il Pd precipita al 18%. La grande coalizione centrodestra-Pd guidata dal forzista Antonio Tajani non ha i numeri e fin da subito si capisce che non è possibile formare un governo escludendo il M5S. Non solo. Il Paese è geograficamente spaccato in due: al Centro-Nord sfonda il centrodestra mentre nel Centro-Sud il Movimento Cinque Stelle fa cappotto in (quasi) tutti i collegi.
Le iniziali posizioni in campo e l'intesa Lega-M5S sui presidenti delle Camere
Matteo Renzi mette il Pd all’opposizione e lascia la segreteria del partito dove, come vedremo, continua a dettar legge. Il suo vice, Maurizio Martina, diventa il ‘reggente’ e Dario Franceschini si iscrive subito tra le fila della minoranza antirenziana che, sotto sotto, sogna un governo con i grillini. Silvio Berlusconi, invece, propone fin da subito a Salvini di chiedere a Mattarella l’incarico per sé e di andare a trovare i numeri in Parlamento. Di Maio, dal canto suo, si dice “pronto a discutere e trovare convergenze con tutti” e dà il via alla ‘politica dei due forni’ di democristiana memoria. Il leader della Lega sembra irremovibile: “O un governo col nostro programma o niente”. Parole, soltanto parole, direbbe Mina. Salvini, fin dalle trattative per i Presidenti della Camera, pare avere un solo inconfessabile obiettivo: andare al governo con i pentastellati. Il 14 marzo si segnala la prima telefonata tra il capo politico del M5S e il leader della Lega che assicura:“Fedele al centrodestra. Parlo con tutti tranne con i dem”. Forza Italia e FdI sentono ‘puzza’ di inciucio e avvertono: “No al governo Lega-M5S”. Si arriva al voto per i presidenti delle due Camere. Il centrodestra propone un forzista per il Senato. Berlusconi punta su Paolo Romani ma i grillini pongono il veto per via di una sua vecchia condanna. Salvini insiste con gli ammiccamenti ai pentastellati:“Intesa Lega-M5s? nulla è impossibile”. Un flirt che poterà alla bocciatura di Romani e all’elezione della Casellati, dopo lo ‘sgambetto’ della Lega che, per sbloccare lo stallo, aveva proposto la Bernini alla seconda votazione. Alla Camera, con i voti del centrodestra, viene eletto il grillino Roberto Fico. Vicino a Montecitorio compare un murales in cui Salvini e Di Maio si baciano ma il pentastellato prova a sedurre la minoranza Pd a mollare Renzi per fare un governare insieme.
Le consultazioni di Mattarella e 'il gioco dei veti'
Subito dopo Pasqua inizia il primo giro di consultazioni. Di Maio è irremovibile: “Io premier” e pone il veto: “Al governo con tutti tranne con il Cavaliere”. Salvini rassicura di nuovo gli alleati: “Si parte dal centrodestra. Tutti cedano un po’ oppure si torna al voto”. Berlusconi dice “No ai pauperisti e ai giustizialisti”. Mattarella concede una settimana di tempo prima di convocare il secondo giro di consultazioni a cui il centrodestra, a differenza del primo, si presenta unito con un’unica delegazione. Salvini gioca al balletto delle dichiarazioni: “Governo di centrodestra”. “Di Luigino mi interessa meno di zero”, ma poi lo sente al telefono quasi ogni giorno. Intanto Di Maio teme di essere scalzato da Fico mentre il Pd propone il “governo di tutti”. L’11 aprile Lega e M5S si accordare per eleggere il leghista Nicola Molteni presidente della Commissione Speciale della Camera e il grillino Vito Crimi al Senato. Passano appena due giorni e Salvini incalza: “L’unica strada è l’intesa con tutto il centrodestra, altrimenti si torna alle urne” ma Di Maio non cede ancora: “Abbiamo vinto, io premier”. In vista delle Regionali in Molise e Friuli il leader leghista spara un’altra profezia che si avvera solo con una settimana di ritardo: “Se vinco, al governo in 15 giorni”.
I mandati esplorativi alle Casellati e a Fico
Il 18 aprile Mattarella concede un incarico esplorativo alla presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, per verificare l’esistenza di un possibile governo M5S-centrodestra. Di Maio apre all’appoggio esterno di Fi e FdI ma Berlusconi alza i toni: “I grillini potrebbero solo pulire i cessi a Mediaset”. Salvini non cambia la sua linea: “L’unico governo che può nascere è tra la prima coalizione e il primo partito. Lo dice il voto. O smettono di dirsi di no a vicenda o gli italiani non si meritano di andare avanti così”. Mattarella passa la palla al presidente della Camera, Roberto Fico, che il 23 aprile riceve il mandato esplorativo per valutare l’ipotesi di un governo tra M5S e un Pd sempre più desideroso di restare al governo. I dem chiedono che Di Maio rompa con Salvini e lui (a parole) ubbidisce: “Il forno con la Lega è definitivamente chiuso” e annuncia: “Metteremo le mani su Mediaset” con una legge sul conflitto di interessi. Il 29 aprile Renzi, intervistato da Fabio Fazio, gela le velleità di governo di Martina e mantiene la linea dell’Aventino: “Chi ha perso non governa” e intanto il centrodestra, dopo il Molise, sbanca anche in Friuli.
Il duo Salvini-Di Maio batibecca ma poi fa l'accordo
Il 7 maggio Mattarella, dopo un terzo giro di consultazioni, propone un “governo del neutrale” fino a dicembre o, in alternativa, elezioni a luglio. Di Maio, alla fine, cede: “Se l’ostacolo sono io propongo a Salvini di scegliere insieme un premier terzo”. I due leader propongono la data dell’8 luglio per andare al voto e la Lega chiede “un passo di lato a Berlusconi” ma lui pone Forza Italia all’opposizione. Di Maio ammorbidisce i toni e dichiara: “Non è un veto su Berlusconi è fare un governo che preveda due forze politiche, non quattro, abbiamo visto cosa succede con 4-5 forze politiche al governo”. Il 9 maggio arriva l’atto di responsabilità da parte di Berlusconi che dà il via libera all’intesa tra Salvini e Di Maio. "Per quanto ci riguarda non è mai neppure cominciata una trattativa, né di tipo politico, né tantomeno su persone o su incarichi da attribuire. Se però – si legge nella nota - un'altra forza politica della coalizione di centrodestra ritiene di assumersi la responsabilità di creare un governo con i cinquestelle, prendiamo atto con rispetto della scelta. Non sta certo a noi porre veti o pregiudiziali". Hanno inizio i summit tra leghisti e grillini per la stipula del “contratto di governo” ma il vero quesito è “chi fa il premier?” Nel frattempo Berlusconi, il 12 maggio, ottiene la riabilitazione dal tribunale di sorveglianza di Milano. Tre giorni dopo il duo Salvini-Di Maio torna al Colle ma senza il nome del futuro premier e così il ‘notaio Mattarella’ gli concede altro tempo. Il nome dell’economista Giulio Sapelli viene bruciato dalle sue stesse dichiarazioni e il leader leghista resta cauto sulla riuscita dell’operazione: “Troppe distanze su immigrazione e giustizia. O troviamo l’intesa o si torna alle urne” ma la realtà è che Di Maio aspira ancora a Palazzo Chigi.
L’HuffPost, intanto, pubblica la bozza del contratto di governo che Mattarella non ha neppure voluto leggere e il mondo politico va in subbuglio. I ‘giallo-verdi’ chiariscono che si tratta solo di una bozza e il 18 maggio presentano la versione definitiva. Venerdì i militanti grillini la votano sulla piattaforma Rousseau e nel week-end si esprimono i leghisti dentro i gazebo. Si arriva così a oggi con l’ennesimo giro di consultazioni al termine del quale viene annunciato il nome del futuro premier: Giuseppe Conte, un tecnico amico della Boschi con il “cuore a sinistra”.
Non male come risultato per due leader che hanno sempre attaccato i governi tecnici e hanno fatto campagna elettorale contro il Pd. Ora bisognerà vedere se questa telenovela che dura da più di 70 giorni è davvero finita oppure se vi saranno nuovi colpi di scena e nuove puntate…- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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