Il Pd archivia il mes in cambio dei dl Sicurezza. Gualtieri: "Non serve"

Franceschini: "Basta pressing sul M5S, ha ceduto sullimmigrazione". Sospiro di sollievo di Conte.

Il Pd archivia il mes in cambio dei dl Sicurezza. Gualtieri: "Non serve"

Più salgono i contagi e si affollano file e attese per ottenere un tampone e meno il Mes è argomento di dibattito all'interno del governo. Quasi che l'emergenza sanitaria in corso non abbia nulla a che fare con i 36 miliardi di risorse europee che potrebbero immediatamente essere destinati in maniera vincolata proprio al nostro Sistema sanitario nazionale.

Il tema, infatti, è sparito dai radar dell'esecutivo ormai da giorni, mentre schegge di maggioranza e un pezzo di opposizione continuano invece a insistere sulla necessità di accedere ai fondi del Meccanismo europeo di stabilità («il governo abbandoni le incertezze e richieda l'attivazione del Mes», ha detto ieri Silvio Berlusconi). Un silenzio, in verità, niente affatto che casuale. Anzi, frutto di una scelta attentamente ponderata dai vertici del Pd.

Che il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri non sia mai stato un fan del Fondo salva Stati non è infatti una novità. Il titolare di via XX Settembre, in verità, ne fa fino a un certo punto un problema politico e guarda la questione sotto un profilo più squisitamente economico. La convinzione è che la sola esistenza del Mes è già di per sé una «rete di sicurezza» che ha «favorito una compressione dei rendimenti dei titoli di Stato», permettendoci di «ridurre lo spread». Accedere effettivamente a quelle risorse, invece, soprattutto se l'Italia fosse l'unico Paese dell'Ue a farlo, potrebbe diventare una sorta di stigma ed essere visto negativamente dai principali investitori finanziari attivi sui nostri Btp, con conseguente aumento dello spread (che oggi è tornato ai livelli del 2018). Considerazioni, queste, su cui concorda anche il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco.

Diverse, invece, le valutazioni degli altri big del Pd, decisamente più condizionati dalla ragion politica. Non è un mistero, infatti, che sul Mes - per il quale Giuseppe Conte si è impegnato a un passaggio parlamentare - la maggioranza potrebbe avere un gigantesco problema di numeri al Senato, dove la fronda dibba-grillina minaccia di sfilarsi aprendo la strada a scenari imponderabili (non per la legislatura, ma per il governo e, dunque, per il suo premier). Così, lunedì scorso, dopo aver portato a casa il via libera in Consiglio dei ministri alla modifica dei due decreti Sicurezza voluti da Matteo Salvini nel 2018 e 2019, in casa dem si è convenuto di cambiare passo. Nicola Zingaretti, per dire, ha deciso di alleggerire la pressione sul M5s. E ormai da qualche giorno evita accuratamente di parlare di Mes, tema che fino alla scorsa settimana gli era molto caro al punto di aver trovato sull'argomento una curiosa convergenza con Matteo Renzi, non certo il suo alleato più fidato. La spiegazione è semplice e sta tutta nei ragionamenti che Dario Franceschini ha ripetuto con diversi esponenti dem. «È vero che le amministrative ci hanno premiato ma - è il senso delle riflessioni del ministro dei Beni culturali e capo delegazione Pd nel governo - non possiamo travolgere tutto e mettere all'angolo il M5s. Abbiamo portato a casa la modifica dei decreti sicurezza sul capitolo migranti, ora accontentiamoci e allentiamo la presa sul Mes». Zingaretti, che ancora non ha le idee chiarissime su come capitalizzare il voto amministrativo, sembra essersi adeguato. E, a meno di improvvisi e al momento imprevedibili cambi di scenario, si sarebbe convinto a mettere nel cassetto il Mes.

Con i ringraziamenti di un ritrovato Conte, da qualche giorno decisamente sollevato.

Non è un caso che sia tornato ai fasti del passato, macinando conferenze stampa (fintamente improvvisate in mezzo a piazza Colonna), interviste (ieri il francese Le Monde e lo spagnolo El Correo), tweet e collegamenti vari. E spingendosi a dire che sì, «c'è molta coesione nel governo» e finalmente «ora abbiamo una prospettiva di lavoro fino al 2023», quando «terminerà la legislatura».

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