A partire da ieri l'altro (primo agosto) abbiamo utilizzato il budget delle risorse naturali dell'intero anno. È l'allarme lanciato da una organizzazione di ricerca internazionale, la Global footprint network: l'umanità utilizza quasi il doppio di quello che ci può dare tutta la Terra: ci vorrebbero esattamente 1,7 Terre. L'altro allarme viene dalla Meteorological society: i gas a effetto serra nel 2017 hanno toccato nuovi livelli record. Il tasso di crescita di CO2 (anidride carbonica) è «quasi quadruplicato dagli anni 1960». È urgente dare al grande pubblico le radici scientifiche di queste due notizie allarmanti. Bisogna distinguere nettamente tutto ciò che riguarda il clima da tutto ciò che riguarda l'inquinamento planetario. È un grave errore mescolare queste due classi di problemi. La scienza ha la certezza su ciò che produce l'inquinamento planetario ma è lungi dall'avere certezze sui problemi legati al clima. Quella cosa cui diamo il nome di clima ha 72 componenti, ciascuna delle quali è un'emergenza planetaria.
Urge cercare di capire le radici scientifiche dell'allarme mettendo in primo piano l'insegnamento del più grande galileiano del XX secolo, Enrico Fermi: «Senza memoria non potrebbero esistere né la scienza né la civiltà». È la memoria che ci aiuta a non ripetere errori: inciderebbero per miliardi di dollari sul futuro dell'umanità. Ecco come stanno le cose.
Ciascuna di queste emergenze, per essere descritta in modo rigoroso, avrebbe bisogno di almeno tre equazioni differenziali non lineari accoppiate. La matematica insegna che questo sistema di equazioni non ha «soluzione analitica». Il che corrisponde a dire che nessuno riuscirà mai a derivare un'equazione semplice, com'è ad esempio l'equazione di Newton per descrivere un'emergenza planetaria. C'è solo una strada per affrontare il problema (privo di soluzione analitica): costruire modelli matematici. Attenzione: costruire un modello matematico corrisponde a dire «è così perché lo dico io in modo rigorosamente logico». Galilei però insegna che non basta il rigore logico per stabilire la validità di una descrizione matematica. È necessaria la prova sperimentale. Senza di essa non possiamo essere sicuri se un modello matematico descrive correttamente la realtà. È già occorso alla fisica nucleare a metà del secolo scorso.
Un famoso fisico teorico andò da Fermi per dirgli che lui aveva capito tutto sulla fisica nucleare, che aveva al suo attivo la realizzazione del fuoco nucleare di pace (reattori nucleari) e del fuoco nucleare di guerra (Hiroshima e Nagasaki). Questi due fuochi nucleari davano all'umanità un fattore un milione di volte più potente nella trasformazione della massa in energia. Invece di bruciare un milione di chili di materiale (elettromagneticamente) combustibile (petrolio o tritolo) ne bastava appena un chilo (nuclearmente) combustibile (uranio) per produrre la stessa quantità d'energia: lentamente, come si fa in un reattore nucleare o velocemente, come si fa con le bombe ancora oggi dette atomiche (pur essendo nucleari). Non solo reattori e bombe, ma qualsiasi altro risultato ottenuto in fisica nucleare poteva essere descritto dal nuovo modello matematico elaborato da quel fisico teorico. Fermi chiese al teorico quanti parametri liberi aveva nel suo modello. Risposta: molti. Fermi aggiunse: debbo ricordarti l'insegnamento di Von Neumann, con tre parametri liberi io posso descrivere un elefante. Se ho un quarto parametro libero, il mio modello dimostra che l'elefante vola. Si chiuse così la pretesa di avere un modello matematico in grado di descrivere con pochi parametri liberi tutti i risultati fino ad allora ottenuti negli esperimenti di fisica nucleare. Conclusione: attenzione a pretendere di aver capito tutto. È necessario costruire modelli matematici da sottoporre a prove sperimentali. I fondi necessari sono l'uno per mille di quello che l'umanità dovrebbe pagare ignorando il ruolo della scienza nel terzo millennio.
Il ruolo che riuscirà ad avere la scienza nel terzo millennio sarà determinante per affrontare e risolvere le 72 emergenze planetarie di cui si parla poco, ma che la forma di materia vivente alla quale apparteniamo ha ereditato dalla violenza politica ed economica del XX secolo. Bastano due nomi, Hitler e Stalin, per riassumere il tragico destino che ha stravolto la vita di milioni di persone lasciandoci in eredità le emergenze planetarie. Emergenze che la comunità scientifica della World federation of scientists (Wfs, diecimila scienziati di 115 nazioni) ha saputo identificare realizzando cento progetti-pilota in cinquanta Paesi, al fine di avere la certezza che fosse possibile affrontare e risolvere le emergenze planetarie. I risultati ottenuti dalla Wfs sono l'unica prova, per tutti i governi del mondo, sulla certezza che è possibile affrontare e risolvere i problemi legati alle emergenze planetarie a una sola condizione: che ci sia una ferma volontà politica per risolverle. Questa volontà politica deve esigere il rigore scientifico nella lotta alle singole emergenze quali sono ad esempio la deforestazione, la siccità, la perdita della biodiversità, il surriscaldamento planetario e tutti gli effetti che nascono dal bisogno di ciò che la popolazione terrestre deve richiedere agli ecosistemi senza superare il budget annuale delle risorse.
Il messaggio che viene dalla scienza è molto semplice.
La scienza non ha l'equazione del clima ma la certezza che bisogna combattere l'inquinamento planetario. Coloro che pensano di avere capito tutto su una serie di problemi legati a un tema complesso sono come quel teorico che credeva di avere capito tutto sulla fisica nucleare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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