C'era una volta un'Europa con una «compagnia di bandiera» (statale) per ogni Paese. In quel tempo poteva succedere che un insegnante andasse in pensione dopo soli 15 anni, sei mesi e un giorno. C'era anche un mondo, tempo fa, in cui si credeva che lo Stato disponesse di risorse infinite e che per ogni problema potesse bastare un decreto governativo.
Le reazioni di vari politici e sindacalisti all'indomani del voto di Alitalia, che ha bocciato il piano per il rilancio dell'azienda e posto le premesse per il commissariamento, ci dicono che quel tempo non è finito. Per molti è sempre legittimo poter mettere le mani nelle tasche degli altri: ci si considera autorizzati a tutto ciò e si pensa che le conseguenze per la società nel suo insieme saranno modeste.
In effetti, cosa chiedono al governo i sindacati di base, che sono i veri vincitori della consultazione? Di fronte a un'azienda incapace di rispondere alle esigenze del pubblico, essi domandano che intervenga Pantalone: vorrebbero quella nazionalizzazione che, nei fatti, toglierebbe altre risorse a chi produce ricchezza per premiare (una volta di più!) un vecchio carrozzone. I lavoratori di Alitalia, e quanti li hanno spinti a questo voto irresponsabile, dovrebbero capire alcune cose. Innanzi tutto, sarebbe bene avessero chiaro che l'Italia è un Paese tecnicamente fallito, oppresso com'è da un debito fuori controllo. Se restiamo in piedi (ma per quanto?) è solo grazie a una politica monetaria che mantiene bassi i tassi di interesse. Con le casse pubbliche vuote e le imposte alle stelle, l'idea di aiuti di Stato è folle; e non solo e in primo luogo in virtù delle regole europee. Oltre a ciò, i dipendenti della principale impresa italiana del trasporto aereo dovrebbero avere presente che la società attuale quella di Facebook e di Google, di Airbnb e di Uber è anche la società dei voli low cost e quindi di Easyjet e Ryanair. Oggi si può andare a Londra e tornare a casa con poche decine di euro, e lo stesso quando ci si sposta su Parigi o Berlino. Negli ultimi decenni il traffico aereo ha avuto una crescita impressionante, così che lo status stesso di chi pilota un jet è sempre meno prestigioso. E quando in un'economia di mercato i costi sostenuti dalle altre compagnie sono bassi, si riesce a reggere ed essere competitivi solo se si fa lo stesso.
Politicamente improponibile ed economicamente irragionevole, il «no» espresso dai lavoratori di Alitalia è pure indifendibile sul piano morale. Quanti hanno goduto fino a oggi di privilegi, vorrebbero nuovi aiuti per continuare a difendere la loro condizione. Puntano i piedi per salvare un mondo che non c'è più. Con il «sì», Alitalia avrebbe dovuto trovare una strada per rifondarsi e cambiare natura.
Con il «no», bisogna essere consapevoli che questa azienda non può avere un futuro. E ci rimane solo da sperare che si prenda atto di quanto è avvenuto, mettendo a disposizione di nuovi soggetti, nell'interesse degli italiani, gli slot finora utilizzati da Alitalia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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