Il caso Rackete non è chiuso: un atto incastra la capitana

I pm non si arrendono: "L'indagine andrà avanti a lungo". Pronta la strategia per incriminare l'Ong e la comandante

Il caso Rackete non è chiuso: un atto incastra la capitana

Sul caso riguardante Carola Rackete la parola più diffusa, a commento della decisione del Gip Alessandra Vella, è quella di “sentenza”: su molte testate, così come sui social, si parla di sentenza che scarcera la giovane capitana della Sea Watch 3.

Ma in realtà, quella emessa nella giornata di martedì, altro non è che la decisione relativa al provvedimento di custodia cautelare. Dovrebbe essere superfluo sottolineare tutto ciò, ma invece sembra essenziale per capire meglio i termini della vicenda. All’interno soprattutto dell’opinione pubblica si diffonde la sensazione che il via libera alla scarcerazione da parte del Gip, metta la parola “fine” alla vicenda di Carola Rackete.

Ma così non è ed a dimostrarlo è un atto proveniente dal tribunale che, apparentemente, sembra un altro punto a vantaggio della capitana, ossia il no all’immediata esecuzione dell’espulsione decisa dal prefetto di Agrigento.

Le indagini vanno avanti, all’interno degli uffici del palazzo di giustizia della città dei templi nessuno vuol sentir parlare di caso finito. Martedì prossimo Carola Rackete deve nuovamente presentarsi in tribunale per un altro interrogatorio e dunque non è conveniente mandarla via adesso dall’Italia.

E se per adesso l’attenzione dei media è tutta sullo speronamento della motovedetta della Guardia di Finanza, negli uffici della procura la concentrazione è massima sull’altro filone dell’inchiesta, quello cioè sul presunto favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

È proprio su questo binario dell’indagine che gli inquirenti vogliono sentire la versione dei fatti di Carola Rackete. All’interno del tribunale la sensazione è che l’inchiesta sia solo all’inizio e che buona parte del lavoro in merito viene svolta proprio in queste delicate ore, in cui il caso della scarcerazione della capitana della Sea Watch è tra i più caldi a livello nazionale sotto il profilo politico.

Lo si intuisce già lunedì per la verità, quando subito dopo l’interrogatorio alla ragazza tedesca il procuratore Luigi Patronaggio convoca repentinamente una conferenza stampa per illustrare i punti più salienti relativi all’inchiesta ed alla posizione della procura di Agrigento. Al suo fianco, i due pm titolari dell’inchiesta: Salvatore Vella e Gloria Andreoli. È proprio in quell’incontro con i giornalisti che Patronaggio fa riferimento a diversi elementi coperti da segreto istruttorio che, specialmente in questi giorni, vengono presi sotto esame e costituiscono parte integrante dell’inchiesta sul favoreggiamento: “Andremo a verificare le concrete modalità del salvataggio – dichiara in quell’occasione Patronaggio – cioè a dire se vi sono stati contatti tra i trafficanti di esseri umani e la Sea Watch, se il contatto è avvenuto in modo fortuito o ricercato”.

A distanza di 48 ore dalla fase più calda del caso di Carola Rackete, costituito per l’appunto dalla sua scarcerazione, non mancano le fatidiche voci di corridoio all’interno del palazzo di giustizia. Voci che parlano dell’intenzione di Salvatore Vella, curiosamente omonimo ma non parente del Gip Alessandra Vella, di voler andare fino in fondo nell’inchiesta: “Lui – afferma una fonte sentita da IlGiornale.it in tribunale – è un tipo molto tosto, che non lascia mai nulla al caso. Sicuramente anche in questa vicenda premerà per chiarire ogni singolo aspetto dell’indagine”.

Ecco quindi il perché del nuovo interrogatorio e della volontà da parte dei titolari dell’inchiesta di ascoltare nuovamente Carola Rackete. Si vuole far luce proprio su quegli elementi a cui fa riferimento Patronaggio in conferenza stampa, i quali attualmente risultano coperti dal segreto istruttorio.

E se c’è chi in via Mazzini, dove ha sede il tribunale di Agrigento, fa notare che proprio Patronaggio nella giornata di martedì in audizione alla commissione affari costituzionali della Camera dichiara la non esistenza attuale di prove certe, a livello complessivo, di contatti tra trafficanti ed Ong, c’è però anche chi sottolinea un altro passaggio del discorso del procuratore: “Anche se finora non abbiamo avuto una prova di collusione– sono le parole di Patronaggio – Questo non significa tra trafficanti ed Ong non si siano registrati contatti o che si registreranno in futuro”.

Martedì prossimo, quando Carola Rackete comparirà nuovamente davanti ai magistrati, questo caso forse non avrà più lo stesso risalto mediatico degli ultimi giorni e forse la vicenda della Sea Watch sarà repentinamente scavalcata da altri fatti come accaduto in passato per la nave Diciotti o la Mare Jonio.

Ma questo non vuol dire che tutto sarà finito: al contrario, le indagini potrebbero essere molto lunghe e delicate e riservare, alla distanza, non pochi colpi di scena. In poche parole, quella emessa martedì dal Gip non è affatto la parola fine all'inchiesta.

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