Ilaria Capua: “Magari diranno che il coronavirus l’ho creato io...”

La virologa teme che tutta questa visibilità le si rivolga contro. E credeche Madre Natura ci sta dando una possibilità di salvezza

Ilaria Capua: “Magari diranno che il coronavirus l’ho creato io...”

Virologi, epidemiologi, esperti e scienziati in generale. Negli ultimi mesi impazzano in televisione e sui giornali, tra questi vi è anche Ilaria Capua, virologa, Spesso presente in trasmissioni di varie emittenti, ha un volto che dà sicurezza e, anche quando ammette che del Covid si sa ancora poco, riesce a essere rassicurante.

Come ricorda Dagospia, nel 2003, ai tempi dell’aviaria aveva già fatto parlare di sé, asserendo che per andare avanti nella ricerca si devono unire le forze e i risultati conseguiti. Idea che non sempre, soprattutto anni fa, era tanto condivisa da ricercatori e universitari. Questo le aveva valso una nomination come Revolutionary mind per la rivista americana Seed. Si è poi trasferita quattro anni fa negli Stati Uniti, in Florida, dove dirige il centro One Health dell’Università.

La Capua teme la troppa visibilità: le si può rivoltare contro

A “Sette” ha raccontato della sua vita a Gainesville, dove vive con marito e figlia, e dove cura un orto. Che, anche se gli ortaggi non è che proprio le crescano benissimo, la rilassa almeno mezz’ora al giorno. Dal suo orto e dalla sua casa americana licenzia le copie del suo nuovo libro: “Il dopo. Il virus che ci ha costretto a cambiare mappa mentale”. Nel quale affronta il coronavirus in modo quasi romanzesco, parlando di una natura che l’uomo non deve sconvolgere, altrimenti gli si rivolgerà contro. Ilaria Capua aveva quindi pensato già anni fa a una realtà ora ritenuta valida da tutti: i dati devono essere condivisi. Una certa soddisfazione c’è, anche se non parla di rivincita. La virologa ha spiegato che “i dati vanno condivisi e la trasparenza è fondamentale, ci mancherebbe. Ma io non parlo di rivincite. Anzi, sono spaventata dal fatto che tutta questa grande visibilità non mi si rivolga contro. Magari diranno che il coronavirus l’ho creato io. Per questo sto in guardia. Sono una guerriera, ma non mi illudo e aspetto la prossima sberla”.

L’ultima l’aveva ricevuta a Parma, dove, dopo aver lavorato per venti anni, preparandosi alla pandemia e studiando, aveva cercato di portare un approccio interdisciplinare allo studio del rapporto fra virus e ospite, alla Torre della Ricerca della Città della Speranza. Non se ne fece poi nulla e la Capua pensò di andarsene dall’Italia. Poi però arrivò il premier Mario Monti che le chiese di entrare nella sua squadra. E lei accettò, senza mai abbandonare i temi che ben conosceva: Ebola, influenza, virus, antibiotico. In seguito l’accusa dell’Espresso che l’ha costretta a ricostruirsi, chiedendo anche aiuto a una coach. Ai tempi era stata accusata, insieme ad altri scienziati, di essere una trafficante di virus e di arricchirsi grazie ad accordi con aziende per produrre vaccini. Dopo una lunga odissea giuridica fu assolta.

"Madre Natura ci tende la mano"

Secondo la Capua, in questo momento è Madre Natura che ci sta avvertendo che stiamo sbagliando e ci sta dando consigli per salvarci. Gli animali hanno ripreso possesso di boschi, laghi, mari. La virologa è certa che è l’Homo Sapiens l’unico vero responsabile di ciò che sta accadendo nel mondo, “ha provocato tutto ciò con la sua noncuranza, arroganza, cupidigia, avidità, ingordigia”. Per salvare il pianeta, e noi stessi, dobbiamo progettare con Madre Natura una coesistenza virtuosa e civile.

Continuando ciò che l’emergenza coronavirus ci ha obbligati a fare: correre meno, fare meno utilizzo di auto e aerei, limitare gli spostamenti. Dal canto suo, La Capua si è ripromessa di non fare più di 15 voli intercontinentali ogni due anni. Per aiutare il pianeta che era arrivato al limite della sopportazione, dovremo rivedere anche il nostro modo di lavorare, usando maggiormente la tecnologia e, dove possibile, incontrarci in conference call piuttosto che dal vivo. La virologa ha poi sottolineato che “Madre natura o il Padreterno non ci hanno mandato un virus altamente mortale che uccide i bambini, è un nemico che dobbiamo gestire insieme all’inquinamento, allo spreco, alla salute nel suo complesso. Insomma dovremo conviverci, come con l’influenza”.

In Lombardia non solo colpa del servizio sanitario

La Capua ha poi spiegato che quanto avvenuto in Lombardia non può essere solo causa del servizio sanitario. Si tratta di città molto attive, con popolazioni che continuano a muoversi e a lavorare. E questo naturalmente fa sì che il virus possa passare da un soggetto all’altro più facilmente. Basti pensare alla folla di pendolari che fino a qualche mese fa prendeva d’assalto i treni e i mezzi pubblici nell’ora di punta.

La Capua ha infine raccontato la sua quarantena americana, durante la quale, da una parte è riuscita a dedicarsi alla figlia adolescente, a breve 16enne. Dall’altra a riscoprire il rumore della macchina per cucire, con la quale, piano piano, ha cominciato a fare piccoli lavoretti, come presine da cucina.

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