Ilva, la Corte di Strasburgo condanna l'Italia: "Lo Stato non ha protetto i cittadini dall'inquinamento"

La Corte europea dei diritti dell'uomo condannano lo Stato per non aver protetto abbastanza i cittadini di Taranto. Oggi i giudici hanno stabilito che devono essere messe in atto, il più velocemente possibile, misure per tutelare la salute. I ricorsi erano stati presentati nel 2013 e nel 2015

Ilva, la Corte di Strasburgo condanna l'Italia: "Lo Stato non ha protetto i cittadini dall'inquinamento"

Alla fine, la sentenza è arrivata. La Corte europea dei diritti dell'uomo, organo legato al Consiglio d'Europa, ha condannato l'Italia "per non avere protetto alcuni cittadini di Taranto che vivono nelle aree colpite dalle emissioni tossiche dell'impianto dell'ex Ilva".

La violazione degli articoli

Per i giudici di Strasburgo c'è stata, infatti, violazione dell'articolo 8 della Convenzione europea sui diritti umani, che difende il diritto al rispetto della vita privata e alla vita familiare, e dell'articolo 13, che riguarda, invece, un "rimedio efficace". L'inquinamento ambientale persistente avrebbe messo, quindi, in grave pericolo la vita dei cittadini e, secondo quanto stabilito dai sette giudici europei, le autorità italiane non avrebbero preso tutte le misure necessarie per proteggerli.

La popolazione ancora esposta

Secondo quanto riportato da Il Fatto quotidiano, nella sentenza è stato sottolineato il fatto che la popolazione "resta, anche oggi, senza informazioni sulle operazioni di bonifica del territorio". E si evidenzia, inoltre, che i cittadini non abbiano avuto modo di ricorrere davanti a un giudice italiano contro l'impossibilità di ottenere misure anti-inquinamento, violando, quindi, il loro diritto a un ricorso effettivo. Un riferimento che sembra riferirsi ai decreti "Salva-Ilva" che avrebbero garantito, di fatto, la non punibilità penale.

Strasburgo: "Mettere in atto le misure adeguate"

In queste ore, pur rigettando la misura di fermare l'attività del siderurgico, la Corte chiesto un piano anti-inquinamento. La Corte, censurando i decreti Salva-Ilva, che avevano garantito l'immunità penale, ha chiesto, quindi, che le misure per assicurare la protezione della salute e dell'ambiente siano messe in atto il più velocemente possibile.

Il commento del ministro Costa

Subito dopo la sentenza, anche il ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, ha commentato la decisione del tribunale europeo. E ha chiarito che, siccome l'Ilva è stata acqustata dall'Arcelor Mittal, "ha firmato un contratto con lo Stato italiano e va rispettato. Noi abbiamo l'Ispra, il braccio operativo del ministero dell'Ambiente che è presente settimanalmente e fornisce dei report. La società non ha alternative: deve rispettare il contratto".

I ricorsi

I ricorsi alla Corte europea dei Diritti dell'Uomo erano stati presentati nel 2013 e nel 2015 da 180 persone che vivono, o che sono vissute, a Taranto e nelle zone interessate (nel quartiere Tamburi, in particolare). La Corte ha ritenuto che la condanna dell'Italia possa costituire, in sè, una soddisfazione sufficiente per i danni morali, mentre ha ordinato il versamento di 5mila eduro ai cittadini per i costi e le spese legali.

I commenti

In queste ore, la sentenza è stata commentata anche da Lina Ambrogi Melle, ex consigliere comunale della città pugliese, promotrice e prima firmataria del ricorso ai giudici europei.

"I cittadini non si rassegnano allo scippo dei loro diritti fondamentali alla vita e alla salute sanciti anche dalla nostra Costituzione e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea", ha dichiarato Melle. Che ha aggiunto: "I cittadini confidano nei Tribunali internazionali per il ripristino della legalità a Taranto".

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