"Io, spacciatore in nome di Allah per ammazzare voi cristiani"

Degrado e paura a Milano. Il racconto choc di un pusher tunisino: "I soldi per comprare la droga? Me li presta un imam"

"Io, spacciatore in nome di Allah per ammazzare voi cristiani"

In Italia, finora, niente bombe o kamikaze «autoarticolati». Ma la pace è solo apparente. Anche qui si combatte una jihad, diverse sono le armi. Soldati compresi, magari talvolta ignari, di certo balordi; in molti casi «integrati» ma con poco o nulla da perdere. Un esercito sottostimato, spesso munito di permesso di soggiorno o in attesa, chi con le stimmate del profugo, chi del disoccupato giunto in questo ex Belpaese quando l'immigrazione ancora non suonava come allarme.

Hussein, Jamaa, lMaahi, Hassan, Mohammed, si possono cambiare nomi e volti, la sostanza non muta. Vivono nell'illegalità. Soprattutto spacciando: hashish, cocaina, pastiglie, un po' di tutto a seconda di ciò che richiede il bazaar dello sballo milanese. «Piccola criminalità» derubricano troppe volte gli investigatori. Il denaro in ballo, al contrario, non è poco. Gli uomini del Califfato lo sanno. E, a quanto pare, anche qualche «predicatore» di Allah.

«La droga? I soldi per comprarla ce li presta l'imam della moschea. Basta che entro un paio di giorni gli vengano restituiti. Con gli interessi. Se mi dà 500 gli rido 600... lui la chiama offerta».

L'ammissione spaventa, chi ci parla deve rimanere anonimo. È un tunisino, in Italia da 20 anni. Circumnaviga la zona di via Padova. Chi sia l'imam non lo vuole dire, nonostante la baldanzosa e ingenua ammissione. Ma in fondo, almeno nell'ambiente del malaffare da strada targato Nordafrica, la rotta dell'approvvigionamento finanziario la conoscono in molti. Ai buoni pagatori il credito non si nega. Si narra che il business l'avesse architettato Abu Omar, l'ex imam egiziano della moschea di viale Jenner a Milano, sospettato di terrorismo e rapito nel 2003 dalla Cia. La leggenda metropolitana racconta anche che gli investimenti nel piccolo narcotraffico lui li riservasse soprattutto ai marocchini.

Da allora la guerra dei tagliagole si è intensificata anche sul fronte occidentale. Ogni arma è buona, disperati e cani sciolti, una volta manipolati e sfruttati, servono alla causa. Tutto è lecito.

Nelle moschee si prega, così come si può preparare la battaglia. Fidelizzando, indottrinando.«L'imam ripete che la droga non dobbiamo venderla ai fratelli musulmani ma solo agli infedeli», racconta ancora il nostro loquace pusher. Fa parte della strategia. L'avvelenamento è riservato ai cristiani. La regola? Lo stupefacente non va tagliato troppo, e soprattutto non con sostanze troppo nocive «perché così potremo guadagnare sugli infedeli fino all'ultimo facendoli morire lentamente». Ecco l'ultima agghiacciante spiegazione.

In via Padova, ormai zona simbolo di abbandono e violenza, come in altri tanti suburbi non di periferia, da qualche settimana, a fianco di polizia e carabinieri vigilano pure i soldati con il loro possenti fucili-mitragliatori. Di fronte al civico 144 - dentro il quale travestita da centro culturale fiorisce da anni una tanto molesta quanto iperaffollata moschea - capannelli stranieri e via vai dal sapore malandrino, continuano. Un poco meno intensi, forse più discreti dell'estate, ma sempre presenti.

Un negozio di copisteria, nonché internet point, a pochi passi, lavora secondo i consueti ritmi arabi. Orari compresi. Solo le facce conosciute, gli amici degli amici, possono fotocopiare, soprattutto falsificare - grazie a un ottimo servizio «paint» -, domande di richiesta di soggiorno, così come altre utili attestazioni rilasciate da uffici pubblici o ignari datori di lavoro. Le matrici sono originali, date e generalità adattate all'uopo. Duecento metri più avanti, verso piazzale Loreto, la piazza dove circa un mese fa si è consumato l'ennesimo omicidio capace finalmente di richiamare l'attenzione di sindaco e governo, l'umanità si rimescola. Qui etnie sudamericane mostrano colori diversi. Altri duecento metri a fianco, nelle strade parallele, stazionano prostitute e padroni dell'Est. Ecco i miracoli della globalizzazione mentre nei supermercati di zona i nostri prodotti scarseggiano. «Perché tanto ormai da queste parti gli italiani sono sempre di meno e il prosciutto non si vende», spiegano sconsolati commessi.

Suona paradossale, eppure è vero.

Il consiglio di zona 2, mesi or sono, con finanziamenti europei e del ministero dell'Interno aveva finanziato un progetto per promuovere la coesione sociale e l'integrazione. Al telefono un'impiegata ci rispose così: «Serve agli abitanti per imparare a convivere. Con gli stranieri...».

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