Dopo la strage dei bimbi il dilemma di Israele: "Evitare Beirut e le altre città". Il rischio di guerra totale

La risposta sarà durissima. Il razzo era iraniano, serve un segnale. L’Occidente chiede prudenza

Dopo la strage dei bimbi il dilemma di Israele: "Evitare Beirut e le altre città". Il rischio di guerra totale
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Fra 4 giorni saranno trecento i giorni di guerra e questa infelice ricorrenza potrebbe essere segnata dall'immersione larga e dolente in una guerra molto più grande, pericolosa, funesta fino ai confini del mondo, nel segno dell'assassinio terrorista da parte del miglior proxy dell'Iran di dodici bambini innocenti che giocavano a calcio sul campetto di Madjal Shams, cittadina drusa del Golan. Niente è tragico come il funerale di un bambino e altri ancora lottano per la vita all'ospedale, uno è svanito nello scoppio e non lo si trova. I drusi del Golan in parte sono appassionati patrioti israeliani, eroi di guerra che servono con grande onore; altri, fra questi anche quelli del paese colpito, hanno conservato un rapporto con la parte siriana della loro identità. Ma adesso tutti, insieme agli israeliani che oggi pregavano con loro al funerale delle bare bianche, chiedevano tutti una cosa sola allo Stato: colpisci duro, adesso, senza perdere tempo, dai una lezione indimenticabile e che metta fine alle sofferenze quotidiane dei missili: fai presto, che gli Hezbollah non abbiano tempo di preparare i loro 250mila missili iraniani, e di salvare i loro capi nelle gallerie.

Nasrallah è già nel profondo di Dahye, nel Sud di Beirut, e ha fatto smontare le centrali più importanti dell'azione aggressiva che dal 7 ottobre fiancheggia giorno dopo giorno Hamas con la guerra dal Nord. I cittadini sgomberati dalle città e dai kibbutz hanno già chiesto mille volte di porre fine all'esilio con una guerra decisa e definitiva, che sposti Hezbollah, secondo gli accordi firmati all'Onu, oltre il fiume Litani. Non si tratta di decidere se fare la guerra, la guerra è già qui, si tratta per Israele di capire se ce la può fare a tenerla su vari fronti con un impegno gigantesco al Nord, mentre gli Usa disapprovano l'allargamento del conflitto.

Gli Hezbollah hanno lanciato un loro tipico missile iraniano Falaq 1 dalle Shaba Farms, luogo simbolico sul confine con Israele. Gli Hezbollah stessi in un primo momento dopo la strage avevano annunciato di aver ucciso i «sionisti», poi visto che comunque questi «sionisti» erano drusi e bambini, la rivendicazione è stata sostituita da una negazione e addirittura da un'accusa a Israele di aver creato il disastro con uno dei missili di difesa di Kipat Barzel. Chiedono una commissione internazionale e dispiace che Borrell, il solito, gli dia retta. In realtà chi ascolta Nasrallah è chi fa parte della famiglia di aggressori, mentre il mondo arabo sunnita non ci sta, le sue tv trasmettono la storia com'è.

Israele decide cosa fare: il dovere della difesa della sua popolazione ferita a morte nel caso della comunità drusa per un Paese democratico e pluralistico, assume un significato ancora più alto, e comunque i suoi profughi ebrei della zona sono disperati e chiedono azione. Ma la sfida è colossale, si tratta di guerra totale: mentre ieri era in corso la riunione di gabinetto che deve decidere, l'Iran minacciava di già di «conseguenze mai viste prima» le eventuali «azioni ignoranti del regime sionista» che porteranno a «instabilità, insicurezza e guerra nella regione». Hochsthtein, l'inviato di Biden in Libano in pratica ripete le posizioni per cui gli Usa sono terribilmente contrari a dar fuoco alle polveri. Walid Jumblatt, il famoso druso libanese si è lanciato nel dire che è una manovra di Israele per staccare i drusi dalla Siria, ma dalla Siria invece i drusi maledicono gli Hezbollah e si staccano da Assad, autostrada per le armi iraniane a Nasrallah. La Nbc libanese ha detto che sono in corso tentativi americani di spingere Israele a compiere la sua azione di guerra lasciando stare Beirut e altri centri importanti. Ma il punto è proprio questo: gli Hezbollah si servono delle strutture libanesi in tutto e per tutto e senza ostacoli da parte del governo o dell'esercito. Hezbollah è oggi purtroppo il Libano e per fermarlo non c'è che da distruggere le infrastrutture di cui si serve: la prima, la capitale, l'aeroporto, le comunicazioni, le fonti di energia.

Il Libano, oggi terrorizzato, non ha mai fatto niente per impedirlo. Se adesso trovasse il coraggio di bloccare finalmente la maledizione integralista e messianica dell'Iran, potrebbe essere una svolta per evitare la terza guerra mondiale. Quella dell'Iran, non di Israele.

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