Lo Ius Soli e quella voglia di sanatoria per chi vota No

Berlusconi: "Legge ipocrita, il Pd vuole 800mila nuovi voti". L'ipotesi di apertura ai centristi

Lo Ius Soli e quella voglia di sanatoria per chi vota No

Il primo segnale, inaspettato, è arrivato venerdì scorso. Matteo Renzi, rispondendo al telefono, ha riconosciuto la voce inconfondibile dell'altro Matteo, Salvini. «Volevo dirti - è arrivato subito al punto il suo interlocutore, che ha i modi spicci del leghista - che sullo ius soli il governo rischia. Io lancerò un segnale a tutti i centristi, annunciando che se voteranno contro questa legge scellerata, per noi torneranno ad essere degli interlocutori, dei potenziali alleati. Per vincere quella che consideriamo la madre di tutte le battaglie, siamo pronti a dare, anche a chi è passato dall'altra parte, una sorta di amnistia politica. E vedrai che saranno in tanti a rispondere. Per cui, se non vuoi che salti tutto, fermati». Ma la minaccia non ha fatto breccia nel muro di Renzi. «Per noi lo ius soli resta una questione di principio», ha risposto. Poi, commentando con i suoi più stretti collaboratori il tenore della telefonata, ha chiosato: «Per me Salvini bluffa, Alfano non voterà mai contro questo governo, basta conoscerlo... Ma quando mai!». Eppure i seguaci di Salvini si sono messi subito al lavoro e hanno cominciato a contattare i centristi, uno ad uno. Da Formigoni a Lupi.

Il secondo segnale lo ha mandato Silvio Berlusconi, che ha lanciato bordate molto dure sulla legge. Un appello all'intero centrodestra per opporsi in maniera decisa in Parlamento. Con segnali anche alla base parlamentare della galassia centrista, per una battaglia comune su un tema tanto sentito dall'elettorato di centrodestra. «Una legge sbagliata, retorica, non voluta dagli italiani - ha spiegato - che non ha nulla a che fare con l'accoglienza. Noi vogliamo che possa diventare italiano chi si sente davvero italiano, non chi ha superato qualche passaggio burocratico. Forse il Pd spera in questo modo di crearsi un bacino di nuovi elettori. Si parla di 800mila persone. Se è così, è un calcolo miope e cinico sulla pelle degli italiani. Il Pd in questo finale di legislatura sta dando il peggio di sé, con provvedimenti inutili e addirittura dannosi come lo ius soli, il reato di tortura e il codice antimafia».

La manovra di Salvini e l'uscita del Cav hanno dato i loro frutti, mettendo in ebollizione la miriade di gruppi che danno vita al «centro». La sera di martedì scorso una delegazione di Ncd ha chiesto ad Alfano di dissuadere Gentiloni a porre la «fiducia» sullo ius soli. «Guarda che tanti di noi non lo voteranno», ha detto Formigoni per tutti. E per molti lo ius soli si sta trasformando nel tipico casus belli per rompere con Ncd o con Verdini, e ritornare in Forza Italia. «Alfano - spiega Formigoni - non deve fare due passi indietro, ma dieci. Molti di noi hanno aperto un dialogo con Forza Italia e entro luglio ci saranno delle novità». Già, il «no» allo ius soli può essere l'occasione per riaprire un rapporto. Ieri, nei saloni di Palazzo Madama, molti senatori centristi dell'area governativa giuravano che avrebbero votato contro la legge: da Milo a Falanga, da Torrisi a Pagano, da Bonaiuti a Pagnoncelli, da Viceconte ad Eva Longo. E tanti altri. Mentre fuori dal palazzo, raggiunto dalle sirene leghiste, anche Stefano Parisi faceva sentire la sua voce contro lo ius soli.

Detto questo, anche su un tema così delicato e strategico, si è creata una sorta di competizione nel centrodestra. La sortita del Cav, infatti, serve a contendere a Salvini la leadership dello schieramento anti-ius soli, nei fatti lo stesso che, contestando la politica sull'immigrazione dell'attuale governo, ha fatto la fortuna elettorale della Lega nelle ultime elezioni amministrative. Più coperta, invece, l'altra intenzione: la battaglia sullo ius soli, infatti, può essere lo strumento per riportare a casa quel numero di senatori necessario per poter rilanciare con Renzi una legge elettorale sul modello tedesco. «Perché - sono le parole che il Cav scandisce ogni volta che si affronta l'argomento - io voglio esser il capo del Ppe in Italia, non di una destra sovranista che anche qui farà la fine della Le Pen».

E già, a destra come a sinistra, continua la competizione tra le diverse anime. Se il Cav punta ad ingrossare la sua forza d'urto in Parlamento per avere la legge elettorale che desidera, Salvini punta a rompere. Sullo ius soli, ma non solo. Per rendere più accidentato il percorso da qui alle politiche, il governatore della Lombardia, Maroni, ad esempio, ha accarezzato per giorni l'idea di dimettersi per andare al voto per le regionali insieme alla Sicilia, il 5 novembre. Ma il ministro dell'Interno, Minniti, non gli ha garantito quella data, per cui sembra aver messo da parte il proposito.

In questa guerriglia continua nelle paludi di un Parlamento trasformato sempre più in un Vietnam, da qui alle elezioni ne vedremo delle belle. Tant'è che un personaggio prudente come il capogruppo dei senatori Pd, Luigi Zanda, è arrivato a dire: «Se si andasse di comune accordo, varrebbe la pena andare avanti con la legislatura per fare qualcosa. Ma in queste condizioni forse sarebbe stato meglio votare. Al più presto». Già, nei fatti siamo in campagna elettorale. Una campagna elettorale avvelenata. Lo scenario che Renzi predilige. Così, pur sapendo che sullo ius soli il governo rischia di fare il tonfo, ieri il segretario del Pd ha posto il tema al primo punto della direzione: «Dobbiamo andare avanti perché lo ius soli è un principio di civiltà». E, poi, in questi giorni ha cominciato a colpire uno ad uno i suoi avversari, secondo una strategia che conosce a menadito. Il motivo della rottura con Franceschini? Su Panorama, la rubrica di Keyser Söze riporta le voci del giro più vicino al segretario: il ministro dei Beni culturali ha posto il problema della candidatura della sua consorte alle politiche. E, ancora, lo scontro con D'Alema sulla presidenza delle fondazioni eurosocialiste. Sempre dal Giglio magico esce la cifra degli emolumenti per quell'incarico: 20mila euro al mese. E il bello deve ancora arrivare con l'uscita del libro dell'ex premier l'11 luglio. Ne ha per tutti. Per Napolitano, che ha sbagliato tutto nella guerra in Libia contro Gheddafi. Per Prodi, da cui si sente odiato. Pure su Berlusconi ha parole dure per la fine del patto del Nazareno. In compenso promette che non farà nessuna legge elettorale «contro Berlusconi e Grillo». Per cui il Mattarellum modificato, cioè il Verdinellum o il Rosatellum, è già andato in soffitta. Mentre chiede al Cav se vuole essere il capo del Ppe in Italia o della destra italiana: domanda a cui l'interlocutore ha già risposto.

E, in ultimo, affronta con un certo vigore, rispetto alla tradizione Pd, anche la questione giudiziaria: «La filosofia di Davigo è la barbarie». Appunto, à la guerre comme à la guerre. Ma con giudizio. Per cui Renzi tira dritto per lo ius soli, ma tiene in serbo una carta di riserva: il numero chiuso per gli immigrati nel nostro Paese.

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