“Se alle 22 devono stare tutti a casa, a che ora deve iniziare il mio spettacolo?”. Jerry Calà, all’alba dei 70 anni che compirà il 28 giugno, resta il re del divertimento all’italiana. Lui sul palco con il microfono a cantare e i suoi fan in pista ad ascoltare e a gustarsi il ritmo degli anni ’80 (“Che fortuna vivere quel periodo bellissimo in cui ci siamo davvero divertiti…”). Prima della pandemia “lo zio Jerry”, come lo chiamano i suoi discepoli più giovani sempre presenti, teneva più di cento show ogni anno in giro per l'Italia. Aveva in programma di ricominciare presto, già tante erano le date fissate in vista dell’estate. Appuntamenti che ora potrebbero anche saltare. D'altronde certe cose, come i suoi spettacoli, sono fatte per la notte. Non c’è dubbio…
Quanto le manca il palco?
“Lo può immaginare, mi manca da morire. Cerco di tenermi su, ma ci sono tutti gli estremi per la depressione. E poi dopo questa mazzata…”.
Sta parlando del coprifuoco alle 22?
“Certo. Mi auguro che cambino idea perché mantenerlo fino al 31 luglio significherebbe stendere tutti. Chi mai potrebbe venire in vacanza in Italia per tornare a casa alle dieci di sera?”.
Nessuno…
“Ecco, appunto. Non scherziamo. Il direttore dell’Arena di Verona è disperato: l’Aida dura 4 ore… deve iniziare alle tre del pomeriggio? E anche la mia agenzia è stata presa d’assalto dalle telefonate dei proprietari dei locali con i quali avevamo già degli accordi e che si sono subito preoccupati”.
Rischia addirittura di non esibirsi?
"Resto fiducioso, sono convinto che alla fine si troverà una soluzione".
Dove vorrebbe cantare?
"Mi piacerebbe tornare in Sardegna, così come alla Capannina di Forte dei Marmi. Lì sarebbe il mio 26esimo anno consecutivo... pensi che ogni volta è tutto esaurito”.
È il suo locale preferito?
“Senza dubbio, sono già in contatto con la proprietà. Speriamo davvero si risolva tutto".
Si troverà alla fine una via d'uscita?
"Penso e mi auguro di sì. Mi chiedo però: perché questa mezza riapertura? Il ministro Franceschini aveva assicurato che avrebbe riaperto cinema e teatri... bene, ma così che senso ha?".
Si è fatto un’idea?
“Evidentemente hanno voluto dare una risposta rapida dopo le manifestazioni di piazza, ma rischiano di sbagliare due volte”.
Perché?
“Le mezze misure mi pare siano sbagliate. Ma io non capisco nulla di politica, sia chiaro. Parlo solo da cittadino e da lavoratore. Penso soprattutto alla middle class dello spettacolo”.
A quelli meno famosi di lei?
“A tutti i musicisti poco conosciuti, ai tecnici… io non mi lamento perché ho 50 anni di carriera alle spalle. Ma sono preoccupato per loro”.
Che cosa avrebbe dovuto fare il governo?
“Ripeto, la politica non fa per me e io non sono assolutamente un negazionista, anzi… mia moglie dice che sono esagerato, sono chiuso in casa da mesi. Però forse avrebbero potuto aspettare altri 15-20 giorni prima di riaprire, con un quadro più chiaro dei contagi. Così rischiamo solo di giocarci l’estate e sarebbe davvero un dramma”.
Troppa improvvisazione?
“Forse non prestano molta attenzione a tutti i settori, ragionano a grandi linee…”.
Era una delle accuse che muovevano a Conte, ora però c’è Draghi… le piace?
“Quando parla è estremamente chiaro e mette sicurezza. Era partito benissimo, alzando anche la voce in Europa. Aveva detto, per esempio, che se non fossero arrivati abbastanza vaccini, avremmo agito in solitaria. Non vorrei che i buoni propositi si siano persi per strada. Non avremmo dovuto comunque spendere tutti quei milioni per i banchi a rotelle. Non sarebbe stato meglio acquistare le dosi?”.
Lei si è vaccinato?
“Non ancora, mi vaccinerò mercoledì. L’aspettavo con ansia”.
Sa già con quale? Se le toccasse AstraZeneca?
“Prendo quello che trovo… non vedo l’ora. È la nostra salvezza, solo così potremo riacquistare la nostra libertà”.
Le manca proprio il palco…
“Glielo ho detto. Ma penso anche a mio figlio che quest’anno ha compiuto 18 anni. Io la mia vita l’ho fatta, ma lui e quelli della sua generazione stanno perdendo gli anni migliori”.
Come la sta vivendo?
“È un ragazzo intelligente, non va in pratica da nessuna parte. Ha rispetto per me e in casa mi sta anche lontano perché ha paura di contagiarmi. Spero possa recuperare questi anni persi e riacquistare la vita sociale”.
Ecco, ai suoi spettacoli ci sono tanti giovanissimi… Jerry Calà come fa a piacere anche a loro?
“Credo sia merito di quei film cult che sono entrati nelle famiglie degli italiani e sono stati tramandati di padre in figlio. Erano film semplici, ma raccontavano la bellezza degli anni ’80”.
Le mancano quegli anni?
“Beh, è stato un periodo strepitoso, non a caso ancora oggi detta legge. Ci si divertiva con poco, si aveva voglia di sognare. Forse i tanti giovani che vengono ai miei spettacoli avrebbero voluto vivere in quegli anni così euforici. Io cerco di far rivivere quell’atmosfera…”.
Un’atmosfera diversa dall’Italia di oggi?
“Adesso regna il politicamente corretto. Sembra un paradosso, ma più siamo andati avanti e più siamo tornati indietro: si è imposta un’autocensura nel linguaggio. Negli anni ’80 i comici erano più liberi di esprimersi, ora bisogna stare attenti a tutto. Basta pensare all’assurda polemica che ha colpito Striscia la Notizia…”.
Si riferisce alla gag sui cinesi di Gerry Scotti e Michelle Hunziker?
“Esatto. Incredibile… e allora cosa dovremmo fare del film di Tomas Milian, 'Delitto al ristorante cinese'? Bruciarlo? O di tutti quelli che imitano i romani, i napoletani o i siciliani? Alcune evoluzioni nel linguaggio sono corrette, ma non bisogna scadere nel ridicolo”.
Parlava prima dei suoi film… ‘Yuppies' è sicuramente tra i più famosi. Il ‘faro’ di quei quattro ragazzi era l’avvocato Agnelli. Cosa è rimasto del suo mito?
“L’avvocato resta ancora oggi un ‘faro’ inimitabile. Il nipote, per esempio, non ha la sua stessa classe”.
L’avvocato avrebbe mai proposto la Superlega?
"Mai. Pur essendo estremamente snob, non si sarebbe mai immaginato una cosa del genere”.
Che differenze ha visto nelle varie generazioni di ragazzi che hanno frequentato le sue serate?
“Prima si andava in discoteca solo per cuccare. Oggi invece una parte, non tutti per fortuna, vengono solo per bere bottiglioni di vodka”.
Mi sta dicendo che 'si cucca' di meno?
“Non c’è dubbio. C’è meno interesse per la socializzazione. E infatti le ragazze sono cambiate, a volte sono loro a prendere l’iniziativa. Prima non era così…".
Qual è la canzone che sente più sua?
“Quella che piace di più alla gente è sicuramente ‘Maracaibo’. Anche se non è una mia canzone, ma di Lu Colombo. Tutti mi dicono: è tua, tua… se mi dimentico di cantarla, subito la reclamano. Ma a me piace cantare tanti altri brani come ‘Ancora’ di Eduardo De Crescenzo o ‘Io ho in mente te’ degli Equipe 84. Canzoni che i giovanissimi conoscono a memoria”.
Davvero?
“Sì. Hanno una cultura musicale eccezionale. Pensi che alla Capannina mi basta partire con ‘Io…’ che subito tutti mi seguono con ‘…Vagabondo che sono io’. È sempre una grande emozione”.
Dei cantanti di oggi chi apprezza di più?
“Le faccio un parallelismo tra passato e presente: Venditti - Ultimo, due grandi artisti che rappresentano due generazioni diverse e che, non a caso, sono diventati amici e collaborano insieme”.
Anche lei ha avuto diverse collaborazioni con cantanti più giovani…
“Sì. Con J-Ax con il quale abbiamo cantato ‘Ocio’… e poi sono salito diverse volte sul palco con Tommaso Paradiso”. Ma sa che cosa mi sorprende?”.
Cosa?
“Sapere di essere il mito di quei cantanti più giovani che io e mio figlio apprezziamo tanto. Mi ripaga dopo una carriera così lunga. È davvero una bella soddisfazione”.
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