Dopo gli arresti e l'annuncio della chiusura della più grande fabbrica d'Europa, gli operai dell'Ilva incrociano le braccia e protestano contro la magistratura e contro le istituzioni. È iniziato infatti alle 7 di questa mattina lo sciopero proclamato da Fim, Fiom e Uilm all'indomani dell'annuncio della chiusura dello stabilimento in seguito ai provvedimenti presi ieri della procura di Taranto tra cui, appunto, il sequestro dei prodotti finiti e semilavorati con il conseguente divieto di commercializzarli. La decisione di chiudere andrebbe a colpire almeno 5mila operai. A loro vanno ad aggiungersi altri 20mila lavoratori se si considera l'indotto in tutta Italia: a cascata sono, infatti, a rischio anche i poli di Genova, dove in 1.500 sono scesi in piazza proprio oggi, Novi Ligure, Racconigi, Marghera, Patrica. Tanto che il ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri ritiene che ci sia "un rischio notevole" di problemi per l’ordine pubblico.
"Io mi devo preoccupare affinché queste 5mila persone non perdano lo stipendio - ha commentato il sindaco di Taranto Ippazio Stefano - queste persone il 27 devono essere pagate, poi governo e magistratura scioglieranno il nodo". Dopo aver organizzato un corteo interno al quale hanno partecipato sia quelli impiegati nell’area a caldo sia quelli dell’area a freddo, alcune centinaia di operai hanno occupato tutta la palazzina che ospita la direzione dello stabilimento di Taranto. "Non hanno voluto trovare una soluzione, governo e azienda continuano ad usarci e a rimetterci siamo soltanto noi e questa città - hanno spiegato gli operai in protesta - così non può continuare". Subito dopo aver "preso" gli uffici della direzione, gli operai hanno convinto anche gli impiegati dell’Ufficio personale a lasciare la palazzina. Una delegazione di una decina di persone è poi riuscita a salire al primo piano della palazzina per parlare con il direttore dello stabilimento. Nel frattempo, il governo prova a muoversi per riparare ai danni fatti dalla magistratura di Taranto. Quello di giovedì prossimo non sar, infatti, un incontro interlocutorio. Il ministro dell'Ambiente Corrado Clini conta di uscire con un provvedimento: "Lavoriamo a un decreto per l’applicazione dell’Aia".
"Il blocco dell’Ilva non è provocato dalle misure cautelari, ma è provocato dal sequestro dell’area a freddo, una misura che credo abbia aperto un problema molto serio anche nei confronti delle procedure che abbiamo seguito con l’applicazione della legge delle misure europee", ha spiegato Clini facendo presente che "il compito di stabilire le procedure, le norme tecniche e le prescrizione per rispettare l’ambiente e per proteggere la salute è delle amministrazioni competenti, in questo caso del ministero dell’Ambiente in primis. E non c’è una funzione di supplenza che deve essere presa in considerazione quando le amministrazioni fanno il loro dovere". Ai microfoni della trasmissione di Radio1 Prima di tutto, Clini ha fatto notare che si sta creando "una situazione per cui parallelamente alle indicazioni date dall’amministrazione competente, la magistratura inquirente stabilisce delle norme quasi in concorrenza con quelle delle amministrazioni competenti". "L’impresa è pronta ad investire per rispettare le condizioni dell’Aia e noi dobbiamo fare in modo che questo avvenga", ha concluso il ministro che sta valutando qual è lo strumento più idoneo ed efficace per fare sì che nello stabilimento di Taranto venga applicata la legge italiana e la direttiva europea. Insomma, l’impresa dovrebbe realizzare gli interventi già prescritti e, al tempo stesso, effettuare gli investimenti che aveva già deciso di applicare.
Nel pomeriggio l’Ilva ha riabilitato i badge ai lavoratori dell’area a
freddo, disattivati ieri contestualmente all’annuncio che gli impianti sarebbero stati chiusi. Lo si apprende da fonti sindacali. La riattivazione è stata fatta nonostante l’attività nell’area resti in gran parte sospesa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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