Legge 40, la Consulta: "Con sì all'eterologa nessun vuoto normativo"

Nelle motivazioni la Consulta spiega: "Esistono già tutte le norme applicabili per praticare questa tecnica in Italia"

Legge 40, la Consulta: "Con sì all'eterologa nessun vuoto normativo"

Con la caduta del divieto di fecondazione eterologa non si crea alcun vuoto normativo. Esistono già tutte le norme applicabili per praticare questa tecnica in Italia, perché tutte le regole previste per la fecondazione omologa sono applicabili anche alla fecondazione di tipo eterologo. È questa una delle motivazioni che hanno portato la Corte costituzionale a emettere la sentenza con cui, lo scorso 9 aprile, ha bocciato il divieto di fecondazione eterologa contenuto nella legge 40.

La Corte ricorda di aver affermato "sin dalla sentenza n. 59 del 1958 che il proprio potere di dichiarare l’illegittimità costituzionale delle leggi non può trovare ostacolo nella carenza legislativa che, in ordine a dati rapporti, possa derivarne; mentre spetta alla saggezza del legislatore di eliminarla nel modo più sollecito ed opportuno" e, di recente, di aver ribadito che "posta di fronte a un vulnus costituzionale, non sanabile in via interpretativa - tanto più se attinente a diritti fondamentali - la Corte è tenuta comunque a porvi rimedio".

La bocciatura del divieto di fecondazione eterologa sancita dalla Corte Costituzionale nell’aprile scorso va riferita "esclusivamente" al caso in cui "sia stata accertata l’esistenza di una patologia che sia causa irreversibile di sterilità o di infertilità assolute", spiega ancora la Consulta. Che poi sancisce che il divieto per le coppie sterili di ricorrere all’eterologa è privo di adeguato fondamento costituzionale e "la scelta di tale coppia di diventare genitori e di formare una famiglia che abbia dei figli" è "espressione della fondamentale e generale libertà di autodeterminarsi. La determinazione di avere o meno un figlio, anche per la coppia assolutamente sterile o infertile, concernendo la sfera più intima ed intangibile della persona umana, non può che essere incoercibile, qualora non vulneri altri valori costituzionali" e ciò anche quando sia necessario ricorrere all’eterologa.

Inoltre secondo la Corte Costituzionale il divieto di fecondazione eterologa creava una discriminazione tra le coppie infertili sulla base delle loro possibilità economiche. “La regolamentazione degli effetti della Pma di tipo eterologo praticata al di fuori del nostro Paese, benché sia correttamente ispirata allo scopo di offrire la dovuta tutela al nato – evidenzia la Corte – pone in evidenza un ulteriore elemento di irrazionalità della censurata disciplina. Questa realizza, infatti, un ingiustificato, diverso trattamento delle coppie affette dalla più grave patologia, in base alla capacità economica delle stesse, che assurge intollerabilmente a requisito dell’esercizio di un diritto fondamentale, negato solo a quelle prive delle risorse finanziarie necessarie per potere fare ricorso a tale tecnica recandosi in altri Paesi. Ed è questo non un mero inconveniente di fatto, bensì il diretto effetto delle disposizioni in esame, conseguente a un bilanciamento degli interessi manifestamente irragionevole”.

“In definitiva – secondo i giudici – le norme censurate, pur nell’obiettivo di assicurare tutela a un valore di rango costituzionale, stabiliscono una disciplina che non rispetta il vincolo del minor sacrificio possibile degli altri interessi e valori costituzionalmente protetti, giungendo a realizzare una palese e irreversibile lesione di alcuni di essi, in violazione dei parametri costituzionali sopra richiamati”.

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