“La libertà di opinione non è la libertà di espressione. La prima, giustamente, è totale e vale per tutti. La seconda ha dei limiti, giusti o non giusti, creati dalle leggi”. Così Pascal Gauchon, direttore della rivista francese Conflits, ha risposto alle domande del quadrimestrale Il Nodo di Gordio nel numero prossimo all’uscita. Una risposta chiara, a seguito delle tante polemiche scatenate dai tragici avvenimenti parigini culminati nell’assalto a Charlie Hebdo. Dove finisce il diritto alla satira e dove inizia il diritto al rispetto delle proprie convinzioni? Un confine sottile, difficile da interpretare. Tanto che persino Papa Francesco ha sostenuto che chi insulta la madre altrui (da intendere come religione, senso religioso, o anche cultura materna) deve aspettarsi un pugno. Certo, un pugno non è una raffica di mitra. Ma è evidente che la satira irresponsabile rischia di produrre effetti che diventano difficilmente controllabili. Lo stesso Gauchon, nell’intervista al Nodo di Gordio, non nasconde che la mancanza di rispetto mostrata dalla redazione di Charlie nel numero del settimanale successivo alla strage, con l’ennesima vignetta in cui si irride a Maometto, è stata la scintilla che ha portato all’assalto delle chiese in Niger, alla morte di altri cristiani, alla protesta in numerosi Paesi islamici. Dunque occorre far convivere la libertà, anche quella di satira, con livelli di rispetto. Il nemico, anche quando non lo si consideri soltanto un avversario, può essere combattuto ma senza bisogno di umiliarlo. Senza scendere a livelli di turpiloquio che poco hanno a che fare con l’ironia intelligente.
Chi è meno giovane ricorderà, in Italia, l’esperienza della rivista “Il Male”. Che, nella sua indubbia pesantezza e anche nell’estrema violenza di alcune vignette e di alcune campagne di stampa, mai era sceso ai livelli di Charlie. Troppo spesso, invece, si sopperisce alla mancanza di intelligenza e di ironia con la volgarità di una satira autoreferenziale. E, troppo spesso, la risposta che ne deriva è altrettanto volgare oppure persino violenta. Senza dimenticare i diktat a senso unico, le manifestazioni per impedire al “nemico” di parlare, di presentare uno spettacolo teatrale, di assistere ad un film. Una messa all’indice preventiva, con diritti negati a chi non è allineato e coperto, a chi non è politicamente corretto.
Per arrivare alla creazione di liste nere di giornalisti scomodi o che, semplicemente, non piacciono perché hanno idee differenti. L’ultimo esempio in ordine di tempo è quello di “Akhtamar” online, “bollettino di iniziativa armena con il favore del Ministero per la Diaspora della Repubblica di Armenia” come si autodefinisce. “Anche noi – spiegano – vogliamo creare la nostra lista nera” dove collocare i giornalisti che osano “prendere posizione a favore dei turchi e soprattutto degli azeri”. Crimine orrendo, evidentemente, apprezzare le politiche dell’Azerbaigian. E tra i criminali dell’informazione viene inserito Romolo Martelloni, colpevole di essere stato inviato a Baku (“da chi?”, si chiede “Akhtamar”) e di aver scritto reportage inaccettabili. Scrive persino, il “terribile” Martelloni, di una conferenza sulla tolleranza religiosa in Azerbaigian. Senza che qualcuno lo fermi. Per questo provvede il bollettino di iniziativa armena che pubblica l’indirizzo del nemico qualora qualcuno avesse difficoltà a trovarlo per fermare la sua attività. In attesa, promette il bollettino, di altre iniziative, poiché quella su Martelloni non è la prima e non sarà l’ultima. Perché, sia chiaro, “mica finisce qui”. Proseguirà, dunque, questo comportamento che evidenzia l’ingerenza di un governo estero nelle vicende italiane.
Ecco, è inutile organizzare marce per la libertà di informazione, convegni sui diritti e sui doveri quando poi ci pensa un bollettino ad organizzare la caccia alle streghe, arrogandosi il diritto di giudicare e di punire con l’inserimento delle liste nere. Quelle che hanno contraddistinto tutti gli anni di piombo in Italia. E non si sentiva il bisogno di liste di proscrizione globalizzate.
Alessandro Grandi
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