L'Ilva ha i giorni contati

"Effetto Guidi" sul convegno di Cgil e Fiom a Taranto. Mucchetti spara a zero sul governo e rimpiange l'ex commissario Bondi. Futuro in pericolo per l'industria italiana

L'Ilva ha i giorni contati

L'Ilva moribonda e piena di debiti, il rimpianto per l'ex commissario Enrico Bondi, i problemi ambientali e di salute pubblica, l'inesistente dialogo con Palazzo Chigi su tutto, a partire dalle politiche industriali; le arcigne parole del presidente della Regione Puglia Michele Emiliano che attende i prossimi passi di Renzi e del Pd come si aspetta sulla sponda del fiume il cadavere del proprio nemico.

Rischiava di diventare una trappola per il governo l'incontro di Taranto sul futuro dello stabilimento siderurgico organizzato da Cgil e Fiom, tornate a braccetto dopo i feroci dissidi degli ultimi tempi che hanno rischiato di generare lo scisma definitivo tra le due rissose parrocchie del sindacato rosso.

Una specie di ”effetto Guidi” ha provocato non pochi scossoni, apparentemente impercettibili, durante il dibattito, ma la trappola non è scattata. Perché le dimissioni del ministro dello Sviluppo economico hanno giocato paradossalmente a favore della sua vice, Teresa Bellanova, da oggi temporaneamente al timone del Mise. L'assenza dall'incontro di Taranto, al quale Bellanova è stata invitata, ha tenuto il vice ministro al riparo dal “fuoco amico” o forse “ex amico” della minoranza Pd, rappresentata dal presidente della commissione Attività produttive del Senato Massimo Mucchetti.

Mucchetti è stato duro nel fotografare la situazione: “L'Ilva ha i mesi contati. Le risorse a disposizione sono, in realtà, debiti ed è stato un errore gettare alle ortiche il piano dell'ex commissario Enrico Bondi: riconvertire il ciclo integrale, producendo meno acciaio ma con tecnologie più pulite (preridotto, gas metano). Quel piano andrebbe rispolverato, è una possibile soluzione, approfittando della gestione pubblica. Si potrebbe così avere una grande riforma dei sistemi di produzione nel segno delle politiche ambientali.”

Il parlamentare ha espresso perplessità sulle ipotesi di vendita del Gruppo Ilva ai franco-indiani di Arcelor o agli italiani di Arvedi per le non solide posizioni debitorie, guardando con maggior favore all'ipotesi dei turchi di Erdemir. Insomma, il presidente della commissione Attività produttive del Senato ha bocciato il governo e le sue politiche, sottolineando con duro realismo l'errore commesso nei confronti di Bondi, sconfessato nel 2014 non solo dagli industriali dell'acciaio, che ritennero troppo costoso il piano, ma dallo stesso ex ministro Guidi.

Mucchetti (ed Emiliano, che insiste sulla decarbonizzazione dell'Ilva smarcandosi ancora una volta da Renzi e accentuando le differenze nel Pd) hanno rappresentato le stecche nel coro delle parrocchie sindacali rosse legate al ciclo integrale, alla salvaguardia dei livelli occupazionali e quindi alla fabbrica vecchio stampo alla quale basta l'applicazione delle regole Aia (Autorizzazione integrata ambientale), con la ristrutturazione degli impianti, per ripartire e tornare a essere competitiva. Sia il segretario della Fiom Cgil Maurizio Landini sia il segretario generale della Cgil Susanna Camusso, pur non sottovalutando i problemi ambientali, di salute e sicurezza - “occorre una manutenzione straordinaria in fabbrica” ha sottolineato Landini – non si sono allontanati dai soliti schemi. Peccato che oggi, per l'acciaio, la competitività è altro e si gioca sulla qualità a livello globale.

L'Ilva sconta, ancora una volta, non solo l'assenza di una politica industriale seria da parte del governo, ma anche l'insistenza nostalgica di una certa sinistra su logiche da ferriere

dismesse che alimenta le divisioni e le distanze nella coalizione di governo. Il tutto sulla pelle di lavoratori e cittadini, sulla pelle di un'economia e di una società confuse e stordite dal ripetersi delle solite parole.

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