E se avessimo mantenuto un contingente militare in Libia, invece di mandare a morire 54 dei nostri in Afghanistan? È vero: in Afghanistan siamo andati non per fare un piacere agli americani, ma perché tutto il mondo civile e democratico sapeva che l'Afghanistan era diventato la base logistica di una organizzazione estremista sunnita che di lì avrebbe seguitato a scatenare attacchi come quello dell'11 settembre a New York. Era dunque una questione di pura civiltà difendere il mondo da un assalto distruttivo, prendendo le armi in difesa della vita e della dignità, specialmente delle donne. Tutto è stato dunque inutile, come se non fosse mai successo? È quel che ha sostenuto nel suo indispettito discorso il presidente Biden, il nuovo Ponzio Pilato del secolo: me ne lavo le mani, è stato il suo motto. E quindi? Abbiamo davvero voluto beffare un intero popolo facendogli assaggiare il frutto proibito della libertà per poi abbandonarlo in preda agli incubi? Come era accaduto in Vietnam, un altro popolo teme il genocidio, lo schiavismo sessuale delle donne assegnate come mogli ai talebani, i lavori forzati. Di qui la domanda postuma: non sarebbe stato più saggio proteggere la Libia dove abbiamo legittimi interessi? Il regime di Gheddafi, lo ricordiamo, fu spazzato via per opachi interessi francesi con l'aiuto americano dello stesso Obama, di cui Joe Biden è stato vicepresidente. Nella storia non esiste il periodo ipotetico e i fatti sono andati come sono andati: Biden ha parlato di questa fuga precipitosa accusando di codardia le vittime afghane poco brillanti nel combattere i talebani. Abbiamo dunque appreso una lezione utile per il futuro: gli Stati Uniti mollano gli alleati della vecchia guerra, quando ne stanno preparando una nuova e hanno bisogno di altre alleanze. Basta ricordare come hanno usato i curdi per battere i jihadisti in Siria per poi lasciarli nelle mani dei turchi. Oggi gli Usa di Biden, come già con Trump, hanno un nuovo nemico: la Cina. Ma c'è anche una differenza sostanziale tra l'atteggiamento di Donald Trump e quello di Joe Biden. Trump intendeva ritirarsi da tutto il mondo, non solo dall'Afghanistan. «America First» voleva dire. Non esiste più la baby sitter americana: da adesso pensiamo soltanto ai nostri affari, per cui abbiamo bisogno di mari nella piena libertà di navigazione. Biden invece si ritira per accontentare l'estrema sinistra dei suoi elettori, in gran parte islamici americani. Ma gli Stati Uniti sono entrati in rotta di collisione con la Cina, che ha occupato illegalmente un mare interno, spingendo e allargando i propri confini. Da quel momento la guerra afghana, come ogni altra guerra su fronti islamici, ha perso d'interesse e tutto l'apparato propagandistico, anche cinematografico e di intrattenimento, ha puntato sul nemico cinese, peraltro realmente minaccioso e già dotato di un armamento che eguaglia quello americano. La Cina è preoccupatissima del ritorno dei talebani perché ha le sue odiate minoranze islamiche interne che mantiene recluse in campi di concentramento. Del resto, la Cina si è stretta alla Russia per una alleanza proprio sull'Afghanistan. Oggi dunque il teatro della guerra è tra l'isola di Taiwan, il Vietnam, l'Indonesia, l'Australia, il Giappone con la presenza navale di Stati europei come la Germania, il Regno Unito e la Francia. Noi, che non abbiamo ex colonie da difendere ma abbiamo consolidati interessi economici petroliferi in particolare in Libia, siamo andati tuttavia a combattere la guerra afghana per solidarietà non solo con gli Stati Uniti per la strage di New York ma più che altro per difendere il rispetto dei diritti umani e più ancora della donna contro la sharia islamica.
Quella ragione etica è stata dichiarata irrilevante da Biden, il quale non ha fatto una gran figura accusando gli afghani di codardia perché sa che quella guerra non era solo per gli afghani ma in difesa di un principio della civiltà occidentale accolto dall'Onu. Sarà bene ricordarsene: essere alleati degli Stati Uniti è rischioso. Ti piantano in asso quando i loro interessi sono altrove.
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