Marina Berlusconi, dalla battaglia contro De Benedetti alle lezioni di libertà impartite a Saviano

Il suo motto: lavorare, crederci, investire. Una vita tra aziende e lavoro, senza timore di esporsi per difendere il genitore

Marina Berlusconi, dalla battaglia contro De Benedetti alle lezioni di libertà impartite a Saviano

L'importanza di un'onorificenza la si misura dall'istituzione che la concede. La statura di chi la riceve, dalle persone con cui la si condivide.

Marina Berlusconi, figlia di tanto padre e di tale carisma, ha dedicato la nomina a Cavaliere del Lavoro appuntatale ieri sul tailleur da Sergio Mattarella - a un uomo e a un gruppo. A suo padre, che ricevette lo stesso titolo nel 1977: «Silvio Berlusconi resterà per sempre il Cavaliere». E a tutte le persone che lavorano in Mondadori, Mediaset e Fininvest: «Questo cavalierato è anche per loro». I cavalieri sono coloro che sanno donare ciò che hanno avuto.

Marina Berlusconi, madame Mondadori, ha avuto molto. Un padre inimitabile, nel bene e nel meno bene. Una vita ricca in tutti i sensi - e piena. Un Impero, che un po' ha costruito lei, in eredità. E alla fine ha donato tutta se stessa al lavoro e alla famiglia. La lezione l'ha imparata da ragazza, quando narrano le leggende che girano nei corridoi imperiali partecipava alle riunioni dei vertici Mediaset «ascoltando e prendendo appunti per ore, senza mollare un attimo», e fu lì che si appuntò sul bloc-notes il Primo comandamento del padre. «L'unica ricetta è lavorare, credere nel proprio mestiere e investire». Ha fatto tutte e tre le cose. Lavorare, crederci e investire. E così oggi è presidente di Fininvest e del gruppo Arnoldo Mondadori Editore, il più importante del settore in Italia e fra i maggiori d'Europa. E lei, di suo, è da vent'anni che veleggia nelle classifiche delle donne più potenti del mondo di Forbes e di Fortune.

E nel frattempo è riuscita anche con la discrezione che è il suo stile a tenere vive tre cose: la memoria del padre, le aziende di famiglia e - pur con molta meno partecipazione e interesse - Forza Italia. Meno male che Marina c'è.

Marina sulla scena pubblica - c'è dagli anni Novanta, quando di fatto bloccò, contro la volontà di Veronica Lario, la vendita di Mediaset a Rupert Murdoch. Da allora ha parlato sempre poco (c'è chi fa notare che è persino difficile ricordarsi la sua voce), ma quelle poche parole che ha detto sono risuonate come sentenze. Anche perché, uguale al padre in tante cose, Marina ne ha però una più di lui: un certo côté culturale (che non è solo il volersi portare a casa un pezzo di Adelphi, che comunque ti dà anche una certa presentabilità sociale). Personalmente ricordiamo l'elegante lettera che scrisse a Repubblica nel 2010 quando diede una lezione di libertà intellettuale a Roberto Saviano (e ai tanti scrittori che predicano a sinistra e razzolano nell'aia di Segrate), il quale aveva attaccato papà Silvio, dimostrando di essere disposta anche a perdere un business gigantesco (l'autore di Gomorra era ancora del gruppo Mondadori) pur di mantenere il proprio diritto di critica. Oppure quella che nel 2015 dedicò sul Foglio a Umberto Eco e Elisabetta Sgarbi, i quali all'epoca dell'affaire «Mondazzoli» se ne andarono da Bompiani per fondare La nave di Teseo e improvvisamente si accorsero quanto fosse «antropologicamente incompatibile» con la cultura Marina Berlusconi; la quale rispose: «Essere considerata incompatibile con chi mostra una tale arroganza e un tale disprezzo verso le opinioni altrui non mi dispiace affatto». Oppure quando con una lettera al nostro Giornale nel 2023 rimise in riga una volta per tutte Carlo De Benedetti, «che non ne ha mai azzeccata una nell'impresa, così come nella politica».

Una predisposizione per l'impresa, una diffidenza per la politica, puntuale, scontrosa, generosissima talis Silvius talis Marina irremovibile, affettiva (è legatissima alla madre Carla Dall'Oglio e a papà telefonava tre volte al giorno), per nulla fredda, donna che non ha l'ansia di tenere le distanze con le persone pur riuscendoci benissimo, e femmina alfa che rispetto alla Meloni è l'omega, Marina Berlusconi ultimamente sì è fatta sentire più di quanto la sua riservatezza sia solita concederle. In un'oscillazione dall'area liberale a quella liberal ha detto che sui diritti civili è più in sintonia con la sinistra che con certa destra (e da quel momento tutti sono improvvisamente corsi a leccarle il tacco, da Cologno Monzese a Brindisi). Poi in un'oscillazione dall'area liberal a quella liberale ha bacchettato la Meloni sugli extraprofitti delle banche. E ha anche avuto tempo di ricevere Mario Draghi a casa sua (sua di lei, e non è un dettaglio), scombussolando i poteri forti; soprattutto quelli che fanno l'errore di considerarla debole. E per il resto - forte dal punto di vista economico, mediatico, culturale, e quindi politico - Marina Berlusconi ha imparato due cose importanti da papà. Uno. Che aveva ragione Jorge Luis Borges quando diceva «Per avere paura dei magistrati non bisogna essere necessariamente colpevoli», da cui l'assioma «Certi giudici non sono nemici di mio padre o di Meloni, ma del Paese». Due. Che la leadership in politica non si trasmette per successione dinastica, ma semmai la si conquista. Quando è il momento. Che non è questo.

Oggi non è il giorno della Politica. Ma della Cavaliera.

A proposito. Congratulazioni.

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