La battuta pronta non gli manca. Figurarsi. La voglia di sdrammatizzare anche la complicata attualità, nemmeno. Lino Banfi tiene vivo l'esercizio dell’ironia con un'arguzia meticolosa, d'altri tempi. Mentre conversa, gli bastano un gioco di parole o una trovata estemporanea per riuscire a descrivere le sfaccettature del nostro tempo. La pandemia, la guerra e i suoi protagonisti, i cambiamenti sociali e il politicamente corretto: il nonno d'Italia osserva tutto e lo commenta a modo suo. Tra un "porca puttèna" rivendicato con orgoglio e una considerazione più seria, anche commossa. Dal 5 maggio scorso, poi, il popolare attore pugliese è pure tornato nelle sale cinematografiche come protagonista del film "Vecchie canaglie", una commedia che attraverso il sorriso si ripropone di far riflettere lo spettatore.
Cosa l'ha spinta a rimettersi davanti alla macchina da presa?
"Con la pandemia si era fermato tutto un mondo. Aspettavamo solo di sapere cosa dicevano i virologi e, quando si parlava di terza età, lo si faceva per dare notizie tristi. Allora tutti i personaggi comici che convivono in me si incazzarono e io dissi loro: alziamoci dalla poltrona e diamoci da fare. Così, tra le varie proposte, scelsi quella della giovane regista Chiara Sani, che aveva scritto una bella storia, molto attuale, ambientata in una casa di riposo. Abbiamo voluto raccontare le brutture che talvolta ci sono in questi luoghi. Pian piano mi sono cucito addosso il personaggio, Walter, un nonno inizialmente bonario che poi però si arrabbia…"
Perché?
"A un certo punto la proprietaria della struttura decide sbattere fuori lui e i suoi coetanei per fare i propri interessi economici. Allora Walter diventa un po' canaglia, nel senso buono del termine: chiede aiuto a suo figlio, che non vedeva da quasi vent'anni e che viveva in America. Quest'ultimo accetta di dargli una mano ma a modo suo, ovvero con un piano azzardato, borderline. Il succo della storia è che in un momento in cui stiamo perdendo tutti la serenità, la tranquillità e la fiducia reciproca, almeno ci sono dei perdenti che vincono".
Lei ha sempre rappresentato la nostra società con ironia e disincanto: come vede l'Italia di oggi?
"Questo è un periodo in cui stiamo diventando tutti più assolutisti, menefreghisti. Ognuno pensa solo alla propria vita e alla propria salute. Ci siamo incattiviti con il Covid e adesso c'è pure questa guerra che ci assilla, perché non sappiamo come andrà a finire e cosa accadrà domani. Il famoso carpe diem, forse, è arrivato il momento di usarlo".
Ormai sembra diventato difficile anche fare comicità, non trova?
"Se lo si fa con garbo, senza offendere, credo che nessuno possa mettersi contro i comici. Sennò finirebbe la nostra fama di persone che fanno sorridere, talvolta anche amaramente. Le commedie italiane, al cinema o nei teatri, sono sempre state belle: perché non farle anche adesso? Qualcuno di recente si è persino opposto al mio 'porca puttèna', senza pensare che io questa espressione la uso da 60 anni, da quando ho iniziato a fare l'attore. Ed è un intercalare che significa tante cose: meraviglia, gioia, rabbia…"
Ultimamente le è mai capitato di dover rinunciare ad alcune battute per timore del politicamente corretto?
"Tante ne abbiamo sacrificate. Adesso, addirittura, si è arrivati al punto che se qualcuno entrando in un luogo dice 'salute a tutti', lo rimproverano accusandolo di aver parlato solo al maschile. 'Bisogna dire salute a tutte e a tutti', ti correggono. Se siamo a questi livelli, altro che misurare le parole… Ma io ci scherzo su. Quando in una lite c'è qualcuno che intima di misurare le parole, mi immagino che l’altro contendente risponda: 'Io le ho misurate bene e risulta che lei è perfettamente str*nzo, sempre della stessa misura…'. Se si potesse dire davvero così, saremmo a posto. Invece ci dobbiamo adattare a quello che si può dire, oppure finire ogni nostro discorso con mille precisazioni".
Nel 2019 lei fu anche indicato come Commissario italiano per l’Unesco. Come è andata a finire?
"Sì, quella fu un'iniziativa del ministro Di Maio, che è un mio grande ammiratore. Ancora non mi è capitato di andare a parlarne ma io già adesso una proposta ce l'avrei: quella di decretare Vladimir Putin come grande patrimonio della disumanità. Qualcuno ora dirà che pure questo non è corretto, ma chi se ne frega. Se ne avessi la facoltà, alla sede centrale dell'Unesco a Parigi suggerirei di mandare direttamente a Putin questo riconoscimento, almeno sarebbe ufficiale e lo capirebbero tutti".
E di Zelensky che pensa? L’ha colpita il fatto che prima di fare politica fosse un comico?
"Mi ha colpito in positivo. Gli scriverei una lettera per dirgli che sono un comico come lo era lui e che mi piacerebbe conoscerlo. Nella fiction interpretava un personaggio amato dal popolo diventato poi presidente; l'ha fatto talmente bene che poi è successo davvero. Spesso si sottolinea che lui era un comico per screditarlo e sostenere che non abbia tutte le carte in regola. Ma chi l’ha detto? Lo sta pure dimostrando di essere forte…"
Ma in questi tempi di guerra come si può tornare a ridere?
"È difficile ma gli spunti per sorridere si devono trovare, sempre con garbo e misura. Oggi, quando vedo questi bambini che scappano dalla guerra e piangono, mi chiedo se ci sia qualcuno che prova a farli ridere. Durante la Seconda Guerra Mondiale, quando ero piccolo come loro, le mamme degli altri bambini mi chiamavano perché già allora avevo questo compito di strappare una risata agli altri. Usavo dei pupazzetti, facevo le voci. E tra me e me pensavo: se riesco a farli ridere ora che siamo sotto le bombe, lo farò ancor di più quando tutto questo sarà finito. Ero sicuro che, un giorno, sarei riuscito a farlo".
Del conflitto in Ucraina ha parlato anche nel suo recente incontro con Papa Francesco?
"No, non mi sono permesso. Ci siamo visti per parlare del mio 60esimo anniversario di matrimonio. Gli ho solo detto che, quando è triste o ha troppi pensieri, mi può chiamare. Per me stesso, gli ho proposto una nuova carica: quella di giullare del Papa. Lui si è messo a ridere. 'Non è male come idea…', ha risposto. Siamo stati più di mezz'ora assieme e questo per me vale più di tanti riconoscimenti alla carriera".
Qual è il segreto del suo matrimonio così longevo?
"Il segreto è quello di trovare del materiale umano buono per costruire una casa solida. Io con mia moglie Lucia ho costruito, giorno per giorno, una casa talmente solida che ormai è diventata antisismica. Nemmeno le bombe di Putin potrebbero distruggerla. Se siamo arrivati a 60 anni di matrimonio e questa casa non è crollata sotto i bombardamenti della vita, non lo farà più. Ai giovani consiglio questo: costruite un rapporto, ma usate il materiale buono, sennò poi si rompe tutto".
A proposito, come sta sua moglie?
Sappiamo che purtroppo non sta bene, ma io le starò sempre a fianco. Quando ha saputo che andavo dal Papa, mi ha fatto una richiesta un po' curiosa. Mi ha detto: 'Visto che il Santo Padre è più vicino a Dio, può chiedergli di farci morire insieme? Non possiamo stare l'uno senza l'altro…'. Preferisco non aggiungere altro.
Cosa direbbe, invece, il mitico allenatore nel pallone agli Azzurri che non si sono qualificati ai Mondiali?
Neanche la bizona e la trizona di Oronzo Canà potrebbero fare qualcosa.
Momentaneamente cerco di concentrarmi sulla mia Roma, che il 25 maggio prossimo giocherà la finale della Conference League a Tirana. Poi aspetto di parlare ancora con i ragazzi della Nazionale per dire loro: 'Ora riprendiamoci e puntiamo a fare i prossimi Mondiali. Così anch’io camperò qualche anno in più, perché voglio vedervi vincere'".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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