Il fallimento della banca della Silicon Valley è quel tipo di evento in grado di cambiare improvvisamente il corso delle cose. Vedremo più avanti se si tratta addirittura di un cigno nero, inteso come una circostanza imprevedibile che produce conseguenze devastanti, o se si tratta di sfumature di grigio. In ogni caso, da quello che si è capito settimana scorsa e si è visto ieri sui mercati azionari, il momento è decisivo anche per l'Italia e per il suo governo. Cade a puntino per fare una riflessione sulla politica monetaria europea e per cogliere un'occasione che, fino a ieri, non pareva essere stata ancora messa a fuoco dall'esecutivo. Forse in tutt'altre faccende affaccendato.
La riflessione parte dal fatto che la banca delle start up californiane è fallita a causa dell'aumento generalizzato dei tassi d'interesse. La Fed, prima ancora che la Bce, ha iniziato ad alzare nella primavera scorsa e in un anno è passata da zero al 4,75%. Francoforte ha seguito ed è già arrivata al 3%. Per entrambe le banche centrali il nemico è l'inflazione galoppante, ormai (semplifichiamo) intorno al 10%. Alzando il costo del capitale (i tassi) si raffredda l'economia (i prezzi). Semplice, ma non banale, perché ci sono anche effetti collaterali. Prendiamone due: il primo è che le imprese che per lustri si finanziavano gratis, ora devono pagare tassi elevati e riconoscerli ai loro finanziatori; il secondo è il crollo dei prezzi delle obbligazioni, di cui le banche sono piene. Ecco allora che quando una di loro deve fare cassa, venderà i bond in perdita. In Svb è successo questo: gli investitori hanno iniziato a ritirare i loro finanziamenti non più remunerativi e la banca è fallita sommersa di perdite. Questa storia, se proiettata in grande scala, mette le banche centrali di fronte a un dilemma: continuare a combattere l'inflazione con i tassi o fermarsi per dare tranquillità ai mercati e alle imprese? E questo vale ancor più in Europa, dove l'inflazione non è generata da un'economia esplosiva come quella Usa, bensì dal fattore esterno dei prezzi dell'energia.
Per questo il governo Meloni ha un'occasione imprevista da sfruttare, per difendere i nostri interessi: cavalcare il cortocircuito tassi-imprese-banche per dimostrare che Bce deve fermare l'aumento dei tassi. La dinamica prevista dai falchi di Francoforte è quella di continuare ad alzarli per tutto l'anno, fino e oltre il 4 per cento. Ipotesi che è vista come letale per la nostra economia, il deficit e il debito.
Si sono espressi chiaramente contro questa ossessione tutta tedesca per l'inflazione sia il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, sia il membro italiano del direttivo Bce Fabio Panetta. Ma ora, con una banca fallita in California e la Borsa che ha perso il 4% a Milano, il governo si trova un'arma in più, inattesa, per far sentire la sua voce in Europa. Speriamo la usi presto e bene.
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