La vita di Savino Tampanella è un incubo analogico che ribalta le nostre certezze di cittadini-consumatori, integrati nel modello di progresso che ci hanno costruito intorno. Un uomo che piange dal dolore e urla: «Vi siete sbagliati, non conta come e quanto si usa, la tecnologia fa male e basta». Savino abita a Venosa, in Basilicata, ha 40 anni ed è «elettrosensibile». Non è semplicemente «allergico» ai cellulari, non può proprio sopportare qualsiasi campo elettromagnetico. Niente internet, radio, tv, computer. A soffrirne come lui sarebbero 170mila italiani, ma Savino è l'unico a cui i medici hanno riconosciuto lo status di malato. Questo ha trasformato la sua esistenza in una gabbia d'acciaio.
Il rabdomante dell'etere, dopo la laurea, ha lasciato più di un lavoro. Ogni ufficio è una trappola, le case un campo minato. Per sopravvivere fugge da ciò che tutti rincorrono: il miraggio della connessione permanente. A lui non resta che ritagliarsi un presente da eremita post moderno.
Presto andrà a rintanarsi lontano dal centro abitato, in un prefabbricato coibentato con lastre di piombo, porte e finestre coperte da una vernice speciale che riflette le onde elettromagnetiche. Il bunker di un condannato alla pena capitale del nostro tempo: riuscire a stare bene soltanto disconnessi.
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