In fondo aveva ragione un vecchio padre del liberalismo, Stuart Mill, che continuamente diceva: «La fatale tendenza dell'umanità di smettere di pensare alle cose quando non sono più dubbie è la causa della metà dei suoi errori». Tra le cose che sono indubbie, o si presume che siano tali, è l'ingovernabilità degli italiani. Un popolo, presunto, indisciplinato e anarcoide. E quando vediamo le continue foto che ci propina il giornale unico del virus, della folla a spasso, in realtà non alziamo neanche il sopracciglio: è l'indole italiana, commentiamo. E invece i numeri danno ragione a Mill e al suo approccio molto liberale: mettiamo in discussione le nostre certezze. Confutiamo le finte evidenze giornalistiche, le prospettive di scatti tagliati con sapienza. Il rispetto delle leggi è diventata una nostra ossessione. Non esiste probabilmente paese al mondo che rispetti maggiormente violazioni, per legge o per decreto, delle nostre libertà fondamentale. Potremo semmai discutere della nostra propensione alla mansuetudine del carcere, e lo faremo tra poco. Ma resta il fatale errore: la pandemia ci ha messo in riga, o forse lo siamo sempre stati. E quello delle mascherine, dei colori che cambiano, dei decreti incomprensibili, dei comportamenti minuziosamente stabiliti dai burocrati, è un modello al quale ci siamo uniformati. La cintura di sicurezza conficcata nella nostra libertà di circolazione è un fatto.
A coloro che pensano che la nostra tesi sia basata più su una sensazione che sulla realtà dei fatti, occorre contestare due elementi. Abbiamo costruito una storia sull'italiano allergico alle regole Covid, grazie a pochi e cinematografici scatti, prima del corridore, poi dei cagnolini, poi dei giovani in piazza e infine delle vie dello shopping, senza alcuna evidenza numerica. Al contrario questa restituisce un quadro completamente diverso. Due giorni fa il ministero degli interni ha reso pubblici i dati sui controlli effettuati. Secondo i dati del ministero guidato dalla Lamorgese, su centomila controlli effettuati in un solo giorno dalle forze dell'ordine, sono state fatte solo 1.400 sanzioni. Un dispiego di forze notevole per portare a casa, per fortuna per tutti, solo un tasso dell'1,5 per cento di contravvenzioni.
Altro che italiani furbacchioni.
Eppure anche questa nuova certezza, potrebbe, in un gioco dell'oca liberale, essere a sua volta smentita. Certo gli italiani rispettano la legge emergenziale in stragrande maggioranza. Ma non ne sono davvero convinti. La loro principale motivazione non è la sanzione, ma la paura. Può anche darsi, ma ciò non toglie che i toni allarmistici sui nostri comportamenti del giornale unico del virus siano fuori luogo. O meglio sono la medicina ritenuta necessaria per spaventarci alla morte.
Proprio nei giorni scorsi l'Istituto superiore della Sanità ha pubblicato i dati sulla mortalità cagionata dal virus. La prima considerazione, che nessuno pubblica, è che la seconda ondata ha fatto circa diecimila morti più della prima: eppure a differenza di inizio 2020, ciò che è avvenuto ad ottobre era più facile da gestire. Ma il secondo dato è il più importante: solo l'1 per cento di coloro che hanno meno di cinquanta anni sono morti con il Covid, e una parte cospicua di loro aveva altre gravi malattie.
Insomma il Covid è
una brutta bestia, ovviamente, ma forse alimentare qualche dubbio sul come l'abbiamo gestita, non solo ci riporterebbe ad un approccio più liberale all'intera vicenda, ma renderebbe la nostra vita meno costretta e povera.
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