Macchi, dopo quasi 30 anni si cercano prove in un parco

Sequestrata per due settimane un'area verde a Varese

Macchi, dopo quasi 30 anni si cercano prove in un parco

Dopo quasi 30 anni dall'omicidio di Lidia Macchi, uccisa nel gennaio del 1987, la confessione dell'omicida, Stefano Blinda, ha fatto ripartire le indagini.

E così gli inquirenti hanno messo sotto sequestro fino al 26 febbraio il parco Mantegazza, alla periferia di Varese, sperando che nonostante il tanto tempo passato qualche prova sia rimasta. A far sperare sarebbe stata la deposizione di un testimone, che nei mesi scorsi aveva raccontato agli investigatori, coordinati dal sostituto pg di Milano Carmen Manfredda, di avere accompagnato nel parco Binda alcuni giorni dopo l’omicidio. Si sospetta, quindi, che l'uomo possa aver nascosto nel parco un sacchetto con all’interno materiale che 29 anni dopo potrebbe rivelarsi utile per l’inchiesta.

Intanto il gip di Varese Anna Giorgetti ascolterà oggi sei persone in un'udienza a porte chiuse.

Tra queste Patrizia Bianchi, l’amica di Lidia Macchi e di Stefano Binda che nei mesi scorsi ha riconosciuto la scrittura dell’uomo nel componimento anonimo inviato alla famiglia Macchi 29 anni fa, il giorno dei funerali della ragazza, e don Giuseppe Sotgiu, sacerdote che all’epoca secondo una ipotesi investigativa avrebbe fornito un’alibi a Binda. Verrà ascoltata, inoltre, la sorella di Lidia Macchi, Stefania.

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