La vita a cento all'ora della "baronessa" delle auto

Fu la prima a correre la Mille Miglia e a essere accettata a Indianapolis. Coraggiosa e caparbia, fece da apripista alle donne al volante nei circuiti. La vita della prima pilota automobilistica, Maria Antonietta Avanzo.

La vita a cento all'ora della "baronessa" delle auto

Una vita vissuta con il piede sull'acceleratore. I circuiti erano le sue strade e le auto da corsa il suo mezzo di trasporto. Soprannominata la "baronessa" delle auto, fu la prima donna a correre la Mille Miglia e a gareggiare con piloti come Tazio Nuvolari ed Enzo Ferrari. Maria Antonietta Avanzo fu una donna e una pilota straordinaria, così decisa e coraggiosa da non tirarsi indietro nemmeno quando, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, si trovò di fronte agli orrori dell'Olocausto. La sua caparbietà la spinse dove nessuna donna era mai arrivata, rendendola l'apripista dell'automobilismo al femminile.

L'amore per le auto

Maria Antonietta Avanzo nacque nel 1889 a Contarina, un comune in provincia di Rovigo, che prese poi il nome di Porto Viro, quando venne accorpato al paese di Donada. I genitori erano ricchi proprietari terrieri veneti, i Bellan (lei cambierà il cognome, come si faceva solitamente a quei tempi, una volta sposata).

A trasmetterle l'amore per le automobili sarebbe stato il padre, che l'avrebbe incoraggiata a guidare fin da quando era piccola. Fu lei stessa, come precisato da Enciclopedia delle donne, a raccontare di aver imparato a guidare da sola e di aver sottratto la macchina al padre, spingendola a folli velocità sulle strade che circondavano la villa di campagna della famiglia. Fra le vittime dei suoi primi incidenti, racconta, ci furono "cani, gatti, galline e segretari comunali".

Nel 1908 Maria Antonietta si sposò con Eustachio Avanzo, si trasferì con lui a Roma ed ebbe due figli.

Le prime gare

Dopo il matrimonio e la fine della Prima Guerra Mondiale, il marito le regalò una Spa 35/50 Sport, l'auto con la quale affrontò la sua prima gara automobilistica. Il suo debutto come pilota avvenne nel 1918, quando corse sul Circuito del Lazio.

Nel 1920 Maria Antonietta ritornò di nuovo alla guida, questa volta di una Buick, partecipando all'undicesima Targa Florio, ma non riuscì a completare la gara a causa di un guasto al motore. Appena un anno dopo gareggiò sul circuito del Garda, sostituendo un pilota della squadra Ansaldo, ammalatosi poco prima: arrivò terza al traguardo, dietro a Corrado Lotti e alla leggenda dell'automobilismo, Tazio Nuvolari.

Nello stesso anno, Maria Antonietta si recò per la prima volta all'estero, per partecipare alle gare di chilometro lanciato che si tenevano sulla spiaggia di Fanø, in Danimarca. Durante la seconda competizione, la Avanzo ebbe un incidente, che seppe gestire in modo esemplare: dopo che la macchina prese fuoco, la pilota abbandonò le dune sabbiose e si gettò in mare.

Poco dopo, sempre nel 1921, tornò in Italia per disputare il Gran Premio Gentleman di Brescia, correndo a bordo di un'Alfa Romeo. In questa occasione ottenne uno dei suoi risultati migliori, classificandosi al terzo posto assoluto. Nel 1923, la pilota lasciò l'Italia e si recò in Australia con i due figli, ritirandosi temporaneamente dalle corse.

Dalle Mille Miglia a Indianapolis

Ma non passò molto tempo prima che la "baronessa" tornasse in pista. Era il 1926 e in Italia si disputava la Coppa della Perugina, alla quale la Avanzo partecipò, classificandosi al terzo posto. Fu nel 1928, però, che la "baronessa" puntò alla gara più ambita e difficile della storia dell'automobilismo: la Mille Miglia.

Si iscrisse insieme a Manuel de Teffé e vi partecipò con una Chrysler 70, ma non potè giungere al traguardo a causa di un guasto tecnico. Nonostante l'apparente insuccesso, la presenza della Avanzo rappresentò una vittoria dal punto di vista della lotta femminista, perché lei fu la prima donna a partecipare alla Mille Miglia.

Dopo aver corso nella Coppa Pierazzi, classificandosi al terzo posto, nel 1932, a 43 anni, la pilota accolse l'invito di Raffaele "Ralph" De Palma a partecipare alle 500 Miglia di Indianapolis. Ottenuta una licenza speciale, dato che le donne non erano ammesse a correre sul circuito, la Avanzo completò le prove di qualificazione correndo sulla Miller Special di De Palma, ma dovette rinunciare alla gara.

L'ultima competizione a cui partecipò la pilota fu la Tobruch-Tripoli nel 1940, dove arrivò sesta. Ma per tutto il resto della sua vita Maria Antonietta Avanzo sfrecciò per le strade di Roma, fino al 17 gennaio 1977, quando morì all'età di 88 anni.

Una donna rivoluzionaria

Maria Antonietta Avanzo fu pioniera in molti ambiti e divenne uno dei simboli dell'emancipazione femminile. La sua carriera automobilistica si sviluppò tra gli anni Venti e gli anni Quaranta del Novecento, un periodo in cui nel mondo le donne chiedevano a gran voce che gli fossero riconosciuti gli stessi diritti degli uomini. Ma, in Italia, il Fascismo tendeva a relegare le donne al ruolo di mogli e madri. Ai tempi, quindi, il genere femminile era quasi escluso dallo sport e le ragazze alla guida di un'automobile erano pochissime. In generale i settori nei quali le donne avevano una scarsa o nulla rappresentanza erano parecchi.

La Avanzo sfidò la società del tempo, non solo diventando la prima donna pilota a correre diverse competizioni, ma anche dimostrando di essere migliore di alcuni uomini che svolgevano il suo stesso sport, battendoli sul circuito. Così fece da apripista all'automobilismo femminile. Non solo. Maria Antonietta Avanzo diede uno schiaffo alle convinzioni maschiliste dei primi decenni del Novecento: dal trasferimento in Australia, alla decisione di riprendere a gareggiare, fino alla volontà di crescere i figli senza rinunciare a correre, si mostrò indipendente e sicura di sé.

La personalità di questa donna rivoluzionaria è stata caratterizzata anche dal coraggio, che le ha

permesso di diventare un'icona dell'automobilismo al femminile. Quello stesso coraggio che, qualche anno più tardi, le servì per affrontare la Seconda Guerra Mondiale e per nascondere alcuni ebrei, salvando loro la vita.

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