Medicina, il medico adesso è un robot

Silenzio, opera il robot. Si chiama Da Vinci, come Leonardo, ma questo strappa un tumore della prostata ad un paziente in carne ed ossa. E lo fa in diretta satellitare audio-video, dalla sala operatoria dell’ospedale San Giovanni di Roma.
Assistono all’intervento tutti i partecipanti al Congresso internazionale di chirurgia urologica robotica per la lotta al cancro della prostata, compresi i maggiori esperti europei del settore. Come Prokar Dasgupta arrivato da Londra, Michael Stockle da Amburgo e Peter Wiklund da Stoccolma.
Al meeting romano sono due gli interventi trasmessi in diretta nella sala congressuale, in cui il «dottor» Da Vinci viene utilizzato una volta dal belga Alex Mottrie, che dirige il Centro di training europeo di chirurgia robotica di Bruxelles e l’altro da Gianluca D’Elia, primario di Urologia al San Giovanni e responsabile del centro di training urologico accreditato dalla Società internazionale di Urologia.
«Grazie alle tecnologie avanzate del sistema robotico Da Vinci , la chirurgia urologica si è completamente trasformata - spiega D’Elia, che è anche direttore scientifico della Fondazione per la ricerca in Urologia-. In particolare, negli interventi per il cancro della prostata, il robot consente al medico operatore di visualizzare meglio i dettagli anatomici ed eseguire con maggiore precisione microdissezioni con notevoli risultati nell’ambito della conservazione della funzione erettile».
Le due operazioni di prostatectomia radicale hanno come «discussant» illustri esperti italiani, dal milanese Bernardo Rocco al romano Vito Pansadoro, da Vincenzo Ficarra di Udine al napoletano Vincenzo Mirone, segretario generale della Società italiana di urologia.
«Al meeting - annuncia ancora D’Elia, quale tutor nazionale per la chirurgia robotica urologica- vengono presentati strumenti miniaturizzati da utilizzare nelle terapie robotiche per un miglior risultato chirurgico funzionale ed estetico. Partecipano numerosi giovani urologi, desiderosi di acquisire le conoscenze per un futuro esaltante nelle nuove tecniche, che in alcuni centri ospedalieri italiani è già un’ interessante realtà».
La chirurgia robotica si è affermata nel campo dell’urologia, e in particolare nella terapia del cancro della prostata, il tumore maligno più diffuso tra gli uomini.
Se, infatti, il cancro del polmone conta 26 mila nuove diagnosi all’anno, quello della prostata incide per 45 mila ed è considerato una malattia dal forte impatto sociale, con notevoli costi per la collettività.
Sono ottimi, però, i tassi di guarigione: circa l’ 85 per cento a 10 anni, se il male viene diagnosticato nelle fasi iniziali. E questi casi di stadio precoce sono più che triplicati negli ultimi 15 anni, grazie ai più recenti metodi che permettono tempestive terapia di cura.
Quella più efficace è proprio l’intervento chirurgico di prostatectomia radicale.
Rispetto alla tecnica tradizionale che usa un’ampia incisione, quella che si avvale del robot consente l’accesso al campo operatorio attraverso piccoli fori, come nella laparoscopia classica, ma rispetto a quest’ultima ha numerosi vantaggi.
Infatti, i movimenti delle mani del chirurgo, seduto ad una console, vengono pesati, filtrati e tradotti in modo fluido,senza scatti, in precisi movimenti degli strumenti chirurgici, sostenuti dalle braccia del robot.
Inoltre, la visione delle strutture anatomiche è tridimensionale ad alta definizione e permette al chirurgo una vera e propria immersione nel campo operatorio.
Negli Stati Uniti, si prevede per il 2014 che più del 95 per cento delle prostatectomie radicali verranno eseguite con la tecnica robotica, diventata in 10 anni lo standard.
Anche in Italia questo intervento si sta progressivamente diffondendo.

Al San Giovanni-Addolorata di Roma l’equipe di D’Elia dal 2008 utilizza abitualmente la tecnica robotica per tuttigli interventi di prostatectomia radicale, dopo aver seguito un lungo training teorico e pratico in centri stranieri.

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