Il medico di Bettino Craxi: "Vi racconto la sua morte"

L'ex presidente del consiglio è deceduto a Tunisi il 19 gennaio 2000 a causa di un arresto cardiaco

Il medico di Bettino Craxi: "Vi racconto la sua morte"

Dalle pagine di Libero, Melania Rizzoli, la prima a vedere Bettino Craxi morto, racconta quei momenti.

"È morto! È mortoo.... La voce singhiozzante di Scilla, moglie di Bobo Craxi, mi arriva al telefono verso le 18 per annunciarmi la morte di Bettino. Lei è stravolta, mi dice che il suocero era stato trovato senza vita nel suo letto nella casa di Hammamet e mi informava che, essendo loro due a Roma, si stavano organizzando per raggiungerlo quella sera stessa, chiedendomi di partire insieme".

Il medico personale di Craxi, nonché amica di famiglia, racconta che, al momento della morte dell'ex presidente del consiglio, nella dimora tunisina c'erano solo due persone di servizio e la figlia Stefania, mentre la moglie Anna era un aereo diretto a Parigi per un breve soggiorno di tre giorni.

"Scilla mi comunicò anche che Bobo non voleva far uscire subito la notizia della morte del padre perché sua madre in quel momento si trovava sul volo Air France, ignara della tragedia avvenuta, e che stava cercando di contattare Angela, un' amica di famiglia residente a Parigi, perché si recasse all'aeroporto De Gaulle per accogliere al gate Anna, informarla a voce dell'accaduto e accompagnarla indietro nel suo triste viaggio di ritorno a Tunisi".

Melania racconta gli ultimi istanti di vita di Craxi: "Quel pomeriggio Bettino aveva salutato la moglie in partenza, per poi andare a riposare nella sua stanza verso le 14.30, e quando alle 17.30 il cameriere, non vedendolo uscire, aveva bussato alla sua porta con il vassoio del thé alla menta, non ricevendo alcuna risposta, era entrato trovandolo senza vita sul letto. Bettino era morto circa due ore prima, in solitudine, probabilmente accusando un malore, poiché aveva il pappagallo sul letto, e lui era riverso su un fianco, come in procinto di scendere dal letto, ma era stato colpito da un arresto cardiaco fulminante, che gli aveva spezzato il fiato e la voce, e non gli aveva dato scampo, né il tempo e la forza per chiamare e chiedere aiuto".

La figlia Stefania, che si trovava in casa, decise di non voler vedere il padre morto e chiese fosse portato nella clinica dove era abitualmente curato, perché era angosciata dal pensiero di vegliarlo da sola in casa nella notte imminente. La sua richiesta fu accolta.

Il desiderio della moglie Scilla di non divulgare la notizia prima di aver avvertito la madre non fu invece rispettata: "La notizia della morte di Bettino quel 19 gennaio comunque uscì quasi subito sulle agenzie e sui telegiornali, mentre la moglie Anna si trovava ancora in volo, e quella sera stessa, quando Bobo, Scilla e io arrivammo nella clinica dove lui era stato portato, fummo i primi a vederlo morto".

Continua il medico di famiglia: "Lo trovammo al piano terra di un locale freddo e disadorno della clinica tunisina, illuminato da una luce fioca, dove aleggiava il silenzio e il fetore della morte, ricoverato in un loculo dove era stato infilato, adagiato su una lettiga sudicia e arrugginita. Il suo corpo era stato lavato e avvolto in un telo bianco che lo racchiudeva completamente come in un candido bozzolo, e quando io ho aperto il lenzuolo a livello del volto, Bobo e Scilla scoppiarono a piangere".

L'immagine che si trovarono davanti fu struggente: "Bettino aveva gli occhi chiusi e la bocca aperta - continua Melania - con evidenti macchie ipostatiche di sangue rappreso sulla parte destra del volto. La mandibola non gli era stata serrata subito dopo il decesso, in attesa del rigor mortis, come si usa da noi, perché essendo la Tunisia un paese islamico non ha la cultura cristiana della cura e della conservazione della salma, la quale di regola viene seppellita entro il tramonto, nel giorno stesso del decesso, indipendentemente dall'ora della morte, dopo essere stata lavata e custodita nuda in un lenzuolo bianco, e deposta direttamente sotto terra. Quindi nelle strutture sanitarie tunisine non esistono nemmeno le sale mortuarie né le celle frigorifere, se non degli pseudo-obitori, dove vengono ricoverati solo i corpi da sottoporre a esami autoptici giudiziari".

In quelle condizioni il corpo non poteva essere esposto e "quindi una volta rientrati nella casa di Hammamet, ormai a notte fonda, cercammo di convincere Stefania e Anna, che nel frattempo era rientrata, a riportare il corpo di Craxi nella sua casa, per sistemarlo nella grande sala del biliardo ed esporlo al saluto degli amici che iniziavano ad arrivare, ottenendo però un netto rifiuto. Nemmeno Anna, molto affranta e provata, in quel momento desiderava vederlo da morto".

Craxi rimase quindi nella clinica: "La mattina successiva Bettino fu rivestito, nel locale della clinica dove si trovava, da due infermieri tunisini con gli abiti loro consegnati, una camicia bianca, una cravatta rossa con garofano ricamato, un completo blu e scarpe nere, mentre io gli truccavo con fondotinta e pennelli il viso, nascondendo cosí le macchie ipostatiche e facendo sparire dal suo volto il pallore cadaverico, e nel frattempo gli infilavo le foto degli adorati nipoti in tasca, per poi vederlo ricollocare sempre nel suo loculo, in attesa dell'arrivo della bara per il funerale cattolico".

Una volta sistemato, il corpo di Craxi fu riportato nella casa tunisina "per essere esposto alle visite degli amici e conoscenti prima del funerale, ma purtroppo il sarcofago arrivato era di una misura standard, ovvero troppo corto e troppo stretto per le misure fisiche di Bettino, il cui corpo, una volta deposto all'interno, appariva rannicchiato, con le ginocchia leggermente piegate e costretto in modo evidente a livello delle braccia e delle spalle".

"Era però anche palese che non ci sarebbe stato il tempo per attendere una nuova bara, e in quella insolita circostanza furono di aiuto gli assistenti tunisini, che rimossero il corpo di Bettino appoggiandolo delicatamente su un tavolo attiguo, svitarono ed estrassero dalla cassa mortuaria il rivestimento interno zincato che rubava spazio, per poi rimettere dentro la fodera di raso bianca e gli ornamenti funebri e reintrodurre la salma, che in tal modo appariva più distesa e meno stretta, più presentabile, e che fu quindi velata da un telo di tulle chiaro".

Furono molte le persone che andarono a salutare l'ex presidente del consiglio: Silvio Berlusconi con la moglie Veronica, il presidente della Repubblica Francesco Cossiga, il presidente della Tunisia Ben Alí, Claudio Martelli con Gianni De Michelis, Pierferdinando Casini, Ottaviano Del Turco, il cognato Paolo Pillitteri con Rosilde, Cesare Previti con la moglie Silvana, il finanziere Tarak BenAmmar, Maurizio Raggi, Silvano Larini e molti altri parlamentari socialisti, oltre ad amici milanesi e romani di ogni genere.

Conclude Melania Rizzoli: "Bettino Craxi al momento della morte aveva 65 anni.

Per i suoi detrattori morì da criminale latitante, per i suoi estimatori morì in esilio vittima di una giustizia politicizzata, ma certamente per molti italiani Bettino Craxi è morto privato di quella dignità e quel rispetto che la sua figura e la sua storia avrebbe meritato, soprattutto nel suo ultimo giorno di vita o se credete nel giorno della sua morte. Da allora riposa nel cimitero cristiano di Hammamet, in una tomba di marmo bianco rivolta verso l'Italia e con sopra inciso un epitaffio che era anche il suo motto: La mia libertà equivale alla mia vita.

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