La nuova variante indiana del Covid-19, la Ay.4.2, conosciuta da tutti con il nome di Delta plus, comincia a far paura anche in Italia. Seppure in questo momento il ceppo virale resta minoritario, secondo i virologi non bisogna abbassare la guardia, poiché la Ay.4.2 risulta essere cinquanta volte più forte rispetto al virus originario, soprattutto per la sua capacità di propagarsi in maniera aggressiva e veloce. A lanciare l’allarme è stato Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia. “Per adesso – ha dichiarato all'Adnkronos Salute – il nostro Paese non corre particolari rischi, ma in futuro la variante Delta plus potrebbe diventare dominante. Tra chi non ha ancora fatto il vaccino e chi non vuole farlo, diventa un problema gestire la situazione”.
La Ay.4.2, in ogni caso, sta già dando prova della sua pericolosità in altre nazioni d’Europa, in particolare in Inghilterra, dove presto sarà predominante, soppiantando gli altri ceppi ancora in circolazione. A quanto pare, dai primi studi sulla nuova forma del virus, che sono ancora da validare, è emerso un quadro preoccupante. Sembrerebbe che la variante Delta plus, oltre ad alcune mutazioni nella proteina Spike, utilizzata dal Covid-19 per agganciare le cellule bersaglio, abbia subito delle variazioni significative anche di una proteina interna nucleoproteica, che potrebbe rendere il virus molto più aggressivo.“Questo – ha continuato il professor Caruso – non deve creare panico, poiché non c’è alcun riscontro negativo sull’efficacia della protezione del vaccino. La variante Delta plus non buca lo scudo dell’antidoto più degli altri ceppi virali”.
Intanto, in Italia la quarta ondata del Covid-19 è solo all’inizio e la speranza di evitare una crescita esponenziale dei contagi resta ancorata all’accelerazione della campagna vaccinale, con l’inoculazione della terza dose a tutta la popolazione. Il governo, al momento, ha deciso di non adottare altre norme restrittive.“Nel caso peggiore – ha spiegato Caruso – si dovrebbero adottare provvedimenti chirurgici, limitati a pochissime aree e a pochissime situazioni, altrimenti difficilmente gestibili, per non fermare la nostra economia e la nostra socialità”. Il problema, però, è che nessun esperto è in grado di dire con massima precisione quanto dura la protezione del vaccino anti Covid.
“Basti pensare – ha concluso il presidente della Società italiana di virologia – che per l'influenza abbiamo dovuto aspettare dieci anni per avere i dati a riguardo. Adesso è troppo presto.
L’unica certezza acquisita è che dopo sei mesi la protezione scende, sebbene al momento resti comunque elevata per quanto riguarda la sintomatologia. La validità del Green pass a dodici mesi, poi, è una scelta politica, anche perché ognuno di noi ha una risposta diversa al vaccino”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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