"Mio fratello, ucciso da Battisti e Memeo senza motivo"

Il fratello dell'agente Andrea Campagna, ucciso dai Proletari Armati per il Comunismo, racconta cosa accadde quel pomeriggio del 1977 a IlGiornale.it

"Mio fratello, ucciso da Battisti e Memeo senza motivo"

Alle ore 14 del 19 aprile 1979, l'agente Digos Andrea Campagna fu freddato con cinque colpi di rivoltella calibro 357 magnum in un agguato concertato dai terroristi Giuseppe Memeo e Cesare Battisti. Il poliziotto cadde esanime in via Modica, al quartiere milanese della Barona, di fronte all'abitazione della sua fidanzata, mentre tentava di raggiungere la propria vettura. L'attentato fu rinvendicato successivamente dai Proletari Armati per il Comunismo (PAC) con una civetta in cui Campagna veniva descritto come un "torturatore di proletari", motivo che - a detta dei killer - avrebbe spiegato la feroce esecuzione. In realtà, confermarono poi le indagini, l'agente pagò dazio per aver tratto in arresto gli assassini di Pier Luigi Torregiani, il gioielliere ucciso a Milano da tre membri dei PAC.

Nel 1985, giunse la sentenza di ergastolo per Claudio Lavazza, Paola Filippi, Luigi Bergamin, Gabriele Grimaldi e Cesare Battisti mentre altri 5 imputati furono condannati a trent'anni di reclusione. Le accuse nei confronti dei terroristi trovarono riscontro nelle dichiarazioni di due pentiti, Pietro Mutti e Sante Fatone, che nel processo sulle attività terroristiche dei Pac a Milano confermarono le responsabilità delle persone coinvolte. In particolare, Pietro Mutti accusò Cesare Battisti di aver direttamente eseguito l'assassinio. "Mio fratello è stato ucciso da Cesare Battisti senza alcun motivo. E adesso, lui e gli altri che vivono Oltralpe chiedono di 'metterci una pietra sopra'. Ma questi non sono reati che vanno in prescrizione. Mio fratello è chiuso da 42 anni in una bara, probabilmente avrebbe preferito vivere", spiega a ilGiornale.it Maurizio Campagna, fratello di Andrea Campagna, nonché presidente dell'Associazione Italiana Vittime del Terrorismo (AIVITER) di Milano.

Signor Campagna, cosa ricorda di quel giorno?

"Ricordo tutto. Erano passati tre giorni dal mio diciottesimo compleanno. Come ogni giorno, attendevo mio fratello - che all'epoca aveva 24 anni - per guardare la televisione insieme. Ma quel pomeriggio del 19 aprile non rincasò. Poco dopo, verso l'ora di cena, apprendemmo la notizia che era stato ucciso sotto casa di Cecilia, la sua fidanzata dell'epoca, al termine del turno di lavoro. Fu un colpo terribile".

Perché suo fratello finì nel mirino dei terroristi?

"Tutto è cominciato con l'omicidio di Torregiani. Mio fratello aveva arrestato, insieme agli altri agenti della Digos, i responsabili della morte del gioielliere. Sfortuna volle che le telecamere del tg inquadrano per pochi secondi la sua faccia mentre caricava a bordo dell'auto di servizio i killer di Torregiani: fu la sua condanna a morte".

Nella rivendicazione dell'omicidio da parte dei Pac, suo fratello viene definito "torturatore di proletari". Perchè?

"Mio fratello era una brava persona, un ragazzo che frequentava l'oratorio e aveva buoni rapporti con tutti alla Barona. Fu definito 'torturatore di proletari' perché alcuni degli arrestati che tornarono a piede libero, successivamente raccontarono di essere stati torturati dopo l'arresto. Ovviamente, non era vero nulla ma mio fratello ci finì di mezzo e, qualche mese più tardi, queste 'brave persone' pensarono di vendicarsi: lo freddarono senza alcun motivo".

Andrea Campagna

Come reagirono, lei e la sua famiglia, alla notizia che suo fratello era stato ucciso dai Proletari Armati per il Comunismo?

"Mia madre era incredula. E lo è stata per tutto il resto della sua esistenza, fino a quando è morta. Ha pianto per 32 anni della sua vita, ogni santo giorno".

Che idea si è fatto di Cesare Battisti?

"Sappiamo tutti quello che ha combinato. Ha preso per i fondelli chiunque, la Giustizia e i familiari delle vittime sostenendo di essere estraneo ad ogni vicenda contestatagli. Anzi, ha fatto addirittura credere di essere un perseguitato politico salvo poi confessare dopo 20 anni di latitanza. Ha ucciso mio fratello e lo ha fatto senza un motivo. Per quanto dica di essere cambiato per me resta un terrorista, l'espressione 'ex terrorista' non ha alcun senso di esistere. Poi, che sia cambiato oppure no, non è una questione che riguarda me o i familiari delle altre vittime. Io so solo che mio fratello è dentro una bara da 42 anni e probabilmente avrebbe preferito vivere".

Molti dei terroristi di quegli anni non hanno mai pagato il loro conto con la Giustizia e vivono in esilio all'estero. Cosa ne pensa?

"Lo trovo assurdo. Non vengano a raccontare della vita di stenti che hanno fatto all'estero chiedendo di 'metterci una pietra sopra' perché questi non sono reati che vanno in prescrizione. Non ci si può gettare il passato alle spalle solo perché sono passati molti anni. Per le famiglie delle vittime il dolore è sempre vivo come il primo giorno".

Volantino PAC
La rivendicazione dell'omicidio di Andrea Campagna da parte dei Proletari Armati per il Comunismo

Hai mai incontrato gli assassini di suo fratello?

"Li ho visti quando ho partecipato al processo ed è stato terribile".

Lei è presidente dell'Associazione Italiana Vittime del Terrorismo. Quante persone ha conosciuto che hanno vissuto il suo stesso dramma?

"Moltissime. Ad oggi, l'associazione conta circa 500 iscritti. Per troppi anni le vittime del terrorismo sono rimaste in silenzio ora, forse, è il momento di dare voce e memoria a chi ha vissuto questa tragedia. Nei prossimi mesi, daremo seguito ad una serie di iniziative perché non si può e non si deve dimenticare quello che è accaduto".

Perdonerà mai Battisti e gli altri?

"A parer mio, il perdono

può esserci solo tra la vittima e il carnefice. Voglio credere che nell'aldilà mio fratello e Battisti, quando sarà il suo momento, si confronteranno. Nel 'mondo dei vivi' esiste la giustizia, non vendetta ma giustizia".

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