"Molestie all'infermiera lesbica". Il tribunale condanna l'ospedale

La sentenza del Tribunale di Busto Arsizio: l'Asst della Valle Olona condannata a risarcire un'infermiera molestata sul lavoro per l'orientamento sessuale

"Molestie all'infermiera lesbica". Il tribunale condanna l'ospedale

Molestata sul lavoro per il suo orientamentato sessuale, alla vittima ora spetta un lauto risarcimento economico per le vessazioni subite. Lo stabilisce una sentenza emessa dal tribunale di Busto Arsizio che condanna l'azienda sociosanitaria territoriale della Valle Olona a risarcire con 10mila euro un'infermiera soprusata per la sua dichiarata omosessualità dal primario del reparto presso cui lavorava.

Il caso

La vicenda coinvolge un'infermiera dell’ambulatorio di ginecologia e ostetricia di una struttura della Asst Valle Olona, in Lombardia, vittima di molestie da parte del primario. La donna, impegnata sentimentalmente con una collega, è finita nel mirino del responsabile che non ha mancato di rivolgere "offese irripetibili" fino al punto da osteggiarla nell'esercizio della professione. "Avevo un rapporto molto cordiale con il mio nuovo primario – racconta l’infermiera, assistita dall’avvocato milanese Emiliano Ganzarolli, in un'intervista al Corriere della Sera a firma di Elena Tebano –. Io e la mia compagna, che è un medico nello stesso ospedale, avevamo sempre vissuto la nostra relazione in modo riservato. Ma poi lei ha avuto gravi problemi di salute e io per assisterla ho dovuto chiedere molti permessi al lavoro. È stato allora che il primario ha scoperto di noi e ha cambiato completamente atteggiamento con me. 'Ho saputo che hai avuto problemi familiari' mi ha detto con stizza. Da allora ha smesso di guardarmi, non mi parlava più, ha cominciato a fare battute oscene, a chiamare la mia compagna con il mio nome e viceversa".

Da quel momento è iniziata una vera e propria escalation di violenza (verbale) al punto che la vittima ha rischiato di finire nel tunnel della depressione: "Sono arrivata al punto di prendere le pastiglie per gli attacchi di panico, - continua il racconto -non riuscivo neppure a pensare di poter andare al lavoro".

Il trasferimento e la lettera dei colleghi

Qualche mese più tardi, la responsabile del personale infermieristico, in un colloquio con l’infermiera, le prospetta un trasferimento in un altro reparto della struttura lasciando intendere che la richiesta sia stata formulata, seppur non in maniera esplicita, dal primario. Dopo aver provato a fare opposizione alla dislocazione per via di alcuni problemi di salute, l'infermiera è costretta ad accettare il nuovo impiego. "Deve proprio essere un trasferimento volontario?", chiede alla responsabile. "", risponde lei "e ride".

A quel punto si mobilitano i dirigenti medici di ginecologia ed ostetricia del presidio che, con una lettera indirizzata alla dirigenza dell’Asst Valle Olona e al primario in cui esprimono "il loro dispiacere e I’incredulità" per il trasferimento. Ma le rimostranze non sortiscono alcun effetto sicchè l'infermiera è costretta ad andare per vie legali: fa denuncia al giudice del lavoro dopo aver tentato invano di trovare soluzioni di compromesso con l'Asst locale.

La sentenza storica

Dopo aver battagliato per mesi, il tribunale di Busto Arsizio si è espresso con una sentenza che obbliga l'azienda sociosanitaria territoriale della Valle Olona a risarcire di 10mila euro l'infermiera per le molestie subite.

"La caratteristica delle molestie sul lavoro, ciò che le rende subdole – spiega l’avvocato Ganzarolli, legale della donna, al Corriere della Seraè proprio questo: si tratta di condotte che da sole possono anche apparire poco rilevanti ma nel complesso creano un clima tossico, che rende la vita lavorativa di un dipendente impossibile".

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