Monza, picchiava e umiliava la moglie: tunisino condannato a otto anni di carcere

Tunisino si becca otto anni di carcere, perde la patria potestà e viene cacciato dall’Italia. Era accusato di picchiare e umiliare la moglie, anche davanti alla figlia

Monza, picchiava e umiliava la moglie: tunisino condannato a otto anni di carcere

Un marito violento è stato condannato dal Tribunale di Monza a una condanna eclatante. L’uomo, un tunisino di 40 anni accusato di picchiare, umiliare e rinchiudere in casa la moglie, è stato condannato a otto anni di carcere e a lasciare il nostro Paese. In più perderà la patria potestà. L’aggressore infatti avrebbe insultato e malmenato la compagna, una donna italiana con la quale convive, davanti agli occhi innocenti di una delle loro figlie, ancora minorenne. Questo è quanto raccontato da Il Giorno.

Le violenze, secondo gli avvocati dell’accusa, si sarebbero verificate dal 2004 al 2013. Aggressioni di diverso genere, sia verbali che fisiche. Un giorno addirittura l’uomo, in preda a un momento di rabbia e follia, avrebbe scagliato contro la moglie un televisore. In quella occasione la piccola si sarebbe tanto spaventata nel vedere il proprio padre aggredire così violentemente la madre, da essere accompagnata al Pronto soccorso per il trauma subito. Senza contare poi l’abitazione che sarebbe stata più volte distrutta e danneggiata dall’ira del marito violento. Finalmente la donna aveva trovato il coraggio di denunciare le violenze e le aggressioni subite. Forse anche per cercare di proteggere la figlia, spettatrice di tante umiliazioni. Purtroppo però la moglie non è mai riuscita ad accusare in tribunale il marito orco, dato che è mancata prima dell’inizio del processo.

A difendere la sua memoria però ci ha pensato la madre, e nonna delle bambine, che si è costituita parte civile al suo posto. Le piccole sono state affidate a lei, che in passato ha raccontato di essere stata picchiata e maltrattata dal genero. In aula la madre della vittima ha ricordato la figlia che, come ha raccontato, “studiava mediazione culturale all’università, era molto interessata allo scambio tra le culture. Lei vedeva come un arricchimento sposare una persona di cultura diversa, pensava di portare nel nuovo rapporto anche le sue amicizie.

Invece lui non ammetteva assolutamente la presenza maschile in casa”. Il processo si è concluso con una condanna eclatante e giusta. Otto anni di reclusione, perdita della patria potestà e allontanamento dall’Italia, per il marito e padre violento.

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