Nati in Italia

Il giornalismo, prima ancora di essere il baluardo della democrazia, è l'essenza dell'approssimazione

Nati in Italia
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Il giornalismo, prima ancora di essere il baluardo della democrazia, è l'essenza dell'approssimazione. Quindi non ci siamo stupiti quando, ieri, abbiamo sentito il TgLa7 che, annunciando un servizio di nera, titolava: «Ragazza trovata morta in Valle d'Aosta, si cerca un giovane nato in Italia». Hanno detto proprio così: non «un giovane». Ma «un giovane nato in Italia».

Al di là delle difficoltà sul fronte delle indagini (in Italia i giovani sono circa 9,8 milioni) resta l'acrobazia linguistica per non discriminare il giovane ricercato. Dire «egiziano» rischiava di passare per un atto razzista. A parte il fatto che «giovane nato in Italia» risulta un indizio un decisamente vago, a questo punto La7 poteva dire «diversamente italiano». Se io fossi egiziano mi sentirei discriminato. Si vergognano a dire la mia etnia? Ma che razza di Tg è?

Per fortuna, a rassicurarci, resta la serietà di La7. La tv di Cairo dove Gramellini, giornalista del Corriere di Cairo, presenta il libro di Floris, conduttore di La7, edito da Solferino, la casa editrice di Cairo. Si chiama indipendenza dell'informazione.

Tornando al caso di cronaca. La notizia era anche la nazionalità del ricercato. Abolendola, hanno svuotato la notizia.

Ed è strano che lo abbiano fatto proprio coloro che della notizia hanno sempre predicato la centralità.

Però, dài. Una buona notizia c'è. È vero che siamo tornati all'allarme razzismo, ma almeno è finita l'emergenza patriarcato.

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