No vax sospesa e senza stipendio, il giudice impone ad azienda assegno alimentare

Il tribunale del Lavoro di Brescia ha disposto che venga concesso l'assegno alimentare a una dipendente di un'azienda sanitaria che non si è vaccinata ed è stata sospesa dal lavoro e non più retribuita

Il Tribunale del Lavoro di Brescia ha disposto che venga concesso l'assegno alimentare a una dipendente di un'azienda sanitaria che non si è vaccinata ed è stata sospesa dal lavoro e non più retribuita
Il Tribunale del Lavoro di Brescia ha disposto che venga concesso l'assegno alimentare a una dipendente di un'azienda sanitaria che non si è vaccinata ed è stata sospesa dal lavoro e non più retribuita

Un dipendente sanitario no vax rimasto senza stipendio così come previsto per i lavoratori che si sono riufiutati di vaccinarsi riceverà il 50 per cento dell’ultimo stipendio come “assegno alimentare“ dall’azienda sanitaria in cui presta servizio ma è sospeso. Il Tribunale del Lavoro di Brescia lo scorso 7 maggio ha infatti disposto che venga concesso l'assegno alla dipendente non vaccinata rimasta senza retribuzione negli ultimi mesi. I giudici hanno però rimesso la questione alla Consulta chiedendo una pronuncia sulle “conseguenze del mancato adempimento dell'obbligo vaccinale da parte del personale sanitario“. Fino al parere la donna avrà diritto a "un assegno alimentare in misura non superiore alla metà dell’ultimo stipendio percepito prima della sospensione".

Assegno di mantenimento per dignità

Nel provvedimento, anticipato dall'AGI, il Giudice Mariarosa Pippozzi ha paventato la violazione degli articoli 3 sull’uguaglianza dei cittadini e 4 della Costituzione nell’ambito del diritto al lavoro. Sulla decisione ha pesato la particolare situazione economica della donna che "vive sola, che non ha altri mezzi di sussistenza tranne il proprio stipendio da lavoratrice dipendente“. Secondo quanto scritto nell’ordinanza la donna vive in affitto in una casa popolare e negli ultimi due mesi a causa delle sue precarie condizioni economiche non è riuscita a pagare il canone e viene aiutata, per sopperire alle esigenze primarie di vita, da una sorella e da associazioni di volontariato. Non solo. La durata della sospensione dal lavoro della ricorrente sarà in vigore almeno sino al 31 dicembre 2022.

Un precedente che apre la via a migliaia di ricorsi

Il Giudice ha anche sottolineato come la donna non possa “fruire dei benefici previsti in caso di licenziamento“ come l’indennità di disoccupazione e che la ricorrente, stante le vigenti disposizioni, “è impossibilitata a svolgere la sua attività presso qualsiasi altra struttura anche privata". Negargli la retribuzione e altre misure di sostegno, si legge nelle conclusioni del Tribunale, sarebbe "gravemente lesivo della dignità della persona".

Da qui la decisione di imporre all’azienda sanitaria in cui lavora la donna di saldare gli assegni di mantenimento almeno fino alla pronuncia della Consulta. Una decisione che rischia di creare un precedente nazionale importante, spingendo altri dipendenti no vax a far ricorso per ottenere almeno il mantenimento di dignità.

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