"Salviamo vite, non siamo eroi": ecco la prima linea anti Covid

Siamo stati all'interno del reparto Covid dell'ospedale Civico di Palermo, qui la lotta al coronavirus non è stata ancora vinta e gli operatori sanitari restano quelli con il più alto rischio contagio

"Salviamo vite, non siamo eroi": ecco la prima linea anti Covid

Il coronavirus ha tracciato una linea di demarcazione netta tra un prima e un dopo. Quello che succederà alla Sanità dopo l'emergenza Covid è tutta da scrivere e dipenderà dalle decisioni che la politica dovrà rivedere sui tagli alla Sanità pubblica. Intanto in prima linea ogni giorno ci sono medici e infermieri che lottano con un virus che non è stato ancora sconfitto. Operatori sanitari ad alto rischio contagio, sottodimensionati di numero che fa da contraltare ad una crescita esponenziale di pazienti. Siamo stati al reparto Covid dell'ospedale Civico di Palermo, per osservare da vicino, il lavoro degli infermieri di frontiera nel loro turno. Le operazioni di vestizione e isolamento, il passaggio dall'area pulita-sporca-pulita richiede almeno mezz'ora di tempo. Ogni giorno, tutti i giorni, per ogni turno. È il tempo minimo necessario per prepararsi al meglio ed evitare il rischio contagio con i pazienti infetti. Nonostante il calo dei contagi, nonostante il rischio non sia più quello di marzo, i pazienti vanno curati e monitorati. Solo in Sicilia ci sono 1.911 positivi, 249 pazienti sono ricoverati presso le strutture indicate come Covid - di cui 15 sono in terapia intensiva - mentre 1.662 sono in isolamento domiciliare. Numeri bruscamente ridotti rispetto all'emergenza di qualche settimana fa, ma a questi si aggiunge sempre l'alto numero di pazienti che arrivano negli ospedali per altre patologie. Negli ospedali italiani il numero dei decessi e di coloro che sono stati contagiati dal coronavirus è salito a 28mila unità - secondo i dati pubblicati dall'Inail. A livello territoriale quasi otto denunce su 10 sono concentrate nelle regioni dell'Italia settentrionale: il 52,8% nel Nord-Ovest (35,1% in Lombardia) e il 26,0% nel Nord-Est (10,1% in Emilia Romagna). Il resto dei casi è distribuito tra Centro (12,7%), Sud (6,0%) e Isole (2,5%).

Qualcuno li ha definiti eroi di questa pandemia, ma eroi non sono. "Superata questa fase non vorremmo che tutto passi nel dimenticatoio come puntualmente è accaduto fino ad ora - dice il presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche Francesco Gargano –. Non siamo eroi, siamo professionisti che chiedono di poter fare al meglio il proprio lavoro, a tutela della nostra sicurezza e del diritto alla salute dei cittadini. Se una medaglia meritiamo, alla fine di questo periodo di grande emergenza, vorremmo che fosse semplicemente il riconoscimento delle otto richieste formulate dalla Federazione Nazionale". Quali sono questi otto punti che sono stati presentati da Ordine e Sindacati al Governo nazionale? Tra le richieste quella di un'indennità infermieristica che sia parte del trattamento economico fondamentale e non una tantum. E poi, l'aumento della forza lavoro: mancano almeno 53mila infermieri e la stima potrebbe essere al ribasso. Ne servirebbe 1 ogni 6 pazienti, ma spesso ogni infermiere lavora con almeno il triplo dei pazienti. "Lo stress che abbiamo subito in queste settimane non è paragonabile a nessun'altra emergenza. Il 2020 è il nostro anno e lo abbiamo onorato con il lavoro e l'impegno ma qualcuno deve fare in modo che le cose possano cambiare", racconta Pasquale Iozzo.

La gratitudine non basta. Servono decisioni che sono prima di tutto politiche. In Italia ci sono circa 40mila infermieri della sanità privata che da oltre 13 anni aspettano il rinnovo del contratto nazionale. Nella sanità pubblica ci sono altri 35mila infermieri che attendono una stabilizzazione.

Il rapporto Health at a Glance Europe 2018 certifica che in Italia ci sono molti meno infermieri rispetto alla media Ocse (5,5 ogni mille abitanti) su 451mila professionisti iscritti all'ordine quelli che lavorano nel settore pubblico sono circa 270mila. La diminuzione del personale tra il 2009 e 2018 è stata di 44 mila unità a crisi aggiungono quelli necessari per sostituire chi andrà in pensione.

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