Ieri, mercoledì 27 gennaio 2021. Abbiamo visto le novità su Sanremo, che rischia di naufragare senza pubblico al Teatro Ariston. Abbiamo seguito i tormenti dei senatori che vorrebbero passare con il presidente del Consiglio, ma non possono, quelli che vorrebbero passare con l’opposizione ma non possono, il presidente Mattarella che ha aperto le consultazioni, le formazioni di Juventus-Spal per la Coppa Italia e 467 cittadini italiani morti per coronavirus. Sì, una statistica che ormai cade quasi silente tra le varie notizie che scandiscono un mercoledì come tanti. A furia di martellarci con i numeri ci siamo mitridatizzati, assuefatti a centinaia di morti al giorno. Che se ne vanno nel silenzio del loro letto d’ospedale, salutati solo da un infermiere o da un medico, che spesso aiutano questi pazienti sfortunati a mandare un ultimo SMS o Whatsapp ai loro affetti più cari. Proprio ieri in un ospedale di Bologna è morto Giuliano Zuppiroli. Era entrato in quell’ospedale poco dopo l’Epifania con in corpo questo stramaledetto nemico, subdolo, imprevedibile, silenzioso. Poi sono subentrate le complicazioni fino all’epilogo peggiore, purtroppo. Il dottor Zuppiroli è uno dei 467 morti per COVID-19 del 27 gennaio 2021.
Non cercatelo su Google, non arrovellatevi troppo a chiedervi dove lo abbiate sentito nominare o in quale show televisivo sia apparso. Non era un VIP, un uomo di spettacolo o un personaggio pubblico di quelli che, una volta lasciato questo mondo, inondano pagine e pagine di necrologi più o meno illustri. Aveva poco più di sessant’anni, si sarebbe goduto a breve la meritata pensione dopo una vita trascorsa in Regione Emilia Romagna, dov’era entrato a metà degli anni Novanta come fitopatologo del servizio fitosanitario; cioè curava le malattie delle piante da scienziato agrario, da biologo. Lo avevo conosciuto in questi anni in cui per l’Associazione Italiana Sommelier ho seguito alcune edizioni di Tramonto DiVino, bellissima manifestazione on the road lungo la via Emilia per diffondere ulteriormente la conoscenza delle eccellenze enogastronomiche della regione dalla doppia identità. Mica poca roba, 44 eccellenze tra denominazioni di origine protetta e indicazioni geografiche tipiche (parmigiano e piadina vi dicono niente?). Più il calice con vini come il lambrusco o il sangiovese famosi in tutto il mondo. La carovana di questi “Tramonti” si ritrovava nel centro di Bologna, sul lungomare di Rimini, in un castello dei colli di Parma o in qualche rocca del Cesenate, sempre con allegria e voglia di condividere le culture del territorio: 15 anni fa Zuppiroli era stato uno degli ideatori principali di questa riuscitissima iniziativa di divulgazione colta e popolare, nemmeno il 2020 funestato dal COVID lo aveva fermato dal portare avanti eventi e promozioni compatibili con i protocolli sanitari di sicurezza. Sempre sorridente, presenziava alle tappe di Tramonto DiVino con l’assessore regionale all’agricoltura Simona Caselli, con il direttore della guida Emilia Romagna da bere e da mangiare Maurizio Magni, con il fotografo della Regione Fabrizio Dell’Aquila, con i sommelier emiliani e romagnoli di Annalisa Barison e Roberto Giorgini, con i consorzi delle eccellenze regionali.
Era naturale si creasse un rapporto umano nel ritrovarsi lungo le tappe di questa scoperta continua dei mille tesori di questa straordinaria terra. Era uno sportivo attivo il dottor Zuppiroli. In buono stato di salute prima che il coronavirus se lo portasse via. Giuliano Zuppiroli curava le piante e aveva una passione smisurata e coinvolgente per la sua terra. Che rappresentava in fiere ed eventi promozionali in Italia come nel resto del mondo. Non è la vittima numero 467 del 27 gennaio 2021. Come nessuno di coloro che sono stati strappati via da questa pandemia così subdola e così soggettiva da andare dall’asintomaticità annoiata di un isolamento domiciliare all’intubazione drammatica in un reparto ospedaliero di terapia intensiva. Perché ho raccontato la sua storia? Perché oggi la scomparsa del dottor Zuppiroli viene pianta con sgomento dai familiari, dai colleghi di lavoro, dai funzionari di altre Regioni che hanno avuto a che fare con lui in una delle molte iniziative per promuovere il made in Italy dell’agricoltura. C’è una comunità, non importa da quante persone sia composta, che si vede privata di un suo affetto, di un suo riferimento, di una sua conoscenza senza nemmeno poter dare un saluto, ritrovarsi nella condivisione di un dolore, condividere da vicino lacrime e ricordi. Ieri in Italia hanno pianto altre 466 comunità, una per ogni vittima. E da febbraio 2020 a oggi hanno vissuto questo distacco impietoso 86.889 comunità in Italia. 2 milioni e 16mila comunità nel mondo. Una per ogni vittima.
Ora sommate, se ci riuscite, lo sgomento, il dolore, il senso di mancanza, il vuoto affettivo di ognuna di queste comunità. E avrete una misura emblematica, reale, sanguinosa, non statistica, di quale tragedia ci sia piombata addosso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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