Non solo Tortora, toghe sfiduciate dai cittadini

In Italia le statistiche parlano di circa mille errori giudiziari all'anno, un dato che rappresenta solo la punta dell'iceberg del fenomeno. Il commento del presidente Fondazione per la giustizia Enzo Tortora

Non solo Tortora, toghe sfiduciate dai cittadini
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Chiunque sbaglia, commette un errore provocando danni a terzi, perde quella credibilità professionale, quella fiducia che prima dell'errore le venivano garantite. E paga perdendo anche il cliente. Un principio che vale per tutte le categorie professionali ma non per la magistratura perché chi ci giudica è precostituito per legge. Il giudice naturale, recita la Costituzione: può andare bene ma può andare male. Si può essere fortunati o sfortunati. «Buona fortuna» disse uno dei due procuratori napoletani, se non ricordo male Lucio Di Pietro, a Enzo Tortora dopo l'interrogatorio, il primo dall'arresto del 23 giugno 1983. Buona fortuna, ripeteva Enzo sconcertato da quell'augurio. Come se la giustizia, similmente al gioco del Lotto, fosse affidata a Tiche, alla dea bendata!

In Italia le statistiche parlano di circa mille errori giudiziari all'anno, un dato che rappresenta solo la punta dell'iceberg del fenomeno perché non tutte le vittime della giustizia ricorrono al risarcimento rientrando così nella statistica: c'è chi, dopo aver subito la perdita della libertà, il discredito della reputazione e della credibilità, non intende rimanere nel circo giudiziario per ottenere una eventuale riparazione. Ci rinuncia. Scappa via. Uscito dalla «gogna», vuole dimenticare il vissuto, cancellare dalla memoria quello tsunami che suo malgrado - lo ha colpito nel corpo e nell'anima, lasciando ferite dolorose, cicatrici indelebili e «detriti» di sofferenza e sdegno. A Montecitorio, in Commissione giustizia, si sta discutendo una proposta di legge che istituisce una giornata per tutte le vittime della giustizia indicando il 17 giugno, data dell'arresto di Enzo Tortora, come giorno del ricordo. Per non dimenticare, per aiutare a capire, per conoscere e riconoscere le nefandezze di una cattiva giustizia. Una proposta bocciata dal presidente dell'Anm, Giuseppe Santalucia, perché - dice - «induce sfiducia pubblica nel sistema giudiziario». Ancora un sonoro «no». Ieri il no era giustificato dalla difesa dell'autonomia della magistratura, oggi dalla difesa della credibilità, della fiducia. La verità è che la magistratura ha già perso, con il suo operato, la fiducia di parte importante dei cittadini, crollando dal 70 al 40 per cento del consenso, senza portare gli interessati ad una riflessione, al desiderio di porvi rimedio. Sembra quasi preferiscano, i giudici, crogiolarsi nelle giornate della legalità dove vengono esaltati come eroi, imposti all'ammirazione di tutti per eccezionali virtù di coraggio e abnegazione. Ma poi bussano alla porta le tante, troppe, vittime della giustizia e il «quadretto» trionfante si sfalda. Ecco perché non vanno ricordate. Con fermezza. Dalle parole del capo dei magistrati traspira quasi un senso di «lesa maestà», la reazione di un potente, di chi pensa di gestire un potere. Ma non è così, la magistratura, recita la Costituzione, è un ordine, una bellissima parola che va rispettata.

E sempre la magistratura onorerebbe ancor di più la nostra Carta se si impegnasse qualche volta a dire «sì, è necessario capire le cause delle disfunzioni giudiziarie che mandano in galera persone innocenti e correggerle». Avrebbe dovuto farlo già nel 1988 quando Enzo Tortora, simbolo di tutte le vittime della malagiustizia, morì per quella bomba al cobalto, quel tumore, che gli era scoppiato dentro dopo l'arresto.

Non è mai stato fatto, ma il presidente Santalucia potrebbe rimediare oggi con un sì alla giornata di memoria delle vittime della giustizia, anche per rispetto verso i suoi giovani colleghi, per dare memoria ad Enzo Tortora e alla sua drammatica vicenda giudiziaria. Per non dimenticare. Perché, dice Primo Levi, «chi dimentica il passato è condannato a riviverlo».

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